Arrivato al terzo capitolo della saga con Smetto Quando Voglio – Ad Honorem il regista Sydney Sibilia (insieme agli sceneggiatori Francesca Manieri e Luigi Di Capua) trova ancora una volta il modo per cambiare le carte in tavola alla sua commedia. Se il primo Smetto Quando Voglio – molto più simile a film della tradizione italiana – si mescolava con lo stile e la modernità della serie tv americane; e nel secondo capitolo, a partire dalla scrittura fino alla messa in scena, la saga acquistava toni più action (raggiungendo l’apice con la scena sulla corsa sul treno, sia dal punto di vista registico che produttivo); con Smetto Quando Voglio – Ad Honorem – lo capiamo appena entra in scena Walter Mercurio (interpretato da Luigi Lo Cascio) – Sibilia sta cercando toni e atmosfere più serie e oscure.
Lo scienziato sta creando del gas nervino in laboratorio da utilizzare per un attentato, ma solo Pietro Zinni (Edoardo Leo) e la sua banda, rinchiusi nel carcere di Rebibbia, sono a conoscenza del suo piano. Il personaggio di Mercurio, insieme al gradito ritorno di Neri Marcorè nei panni del Murena, è un villain spinto da una motivazione molto simile a quella di Pietro, sfruttare le proprie conoscenze scientifiche per prendersi tutto quello che la società gli ha tolto. In questo caso, la società italiana. Difficoltà che costringono le migliori menti in circolazione a cambiare volto e diventare dei cattivi. Una visione molto nichilista se isolata dalla commedia e dalla finzione cinematografica, che affonda le proprie radici in una realtà, purtroppo, davanti i nostri occhi.
Un film corale dove l’idea e la voglia di realizzare qualcosa di nuovo si percepiscono, fino a verificarne la qualità, sia nella regia che nella recitazione degli attori, dove ognuno trova spazio nel film per dare, anche in poche scene, carattere e personalità alla pellicola. Il regista riesce a realizzare tutto questo senza tradire mai l’idea iniziale della commedia, comune denominatore di tutta la trilogia, mescolando in ogni capitolo della saga altri generi: l’heist movie, l’action e il thriller, realizzando una trilogia capace di intrattenere dall’inizio alla fine, coniugando il tutto a un’efficace critica sociale.
Se con Smetto Quando Voglio – Ad Honorem Sydney Sibilia chiude un capitolo importante per il cinema italiano, apre, in realtà, una fase molto interessante per la commedia italiana. Con il terzo capitolo il regista porta questo genere a un gradino superiore. Tradizionalmente legata ad antieroi, il più delle volte ai margini della società, più fortunati che abili, dove la comicità scaturisce proprio dall’incapacità di raggiungere l’obiettivo e di riuscirci, se non altro, per puro caso; Smetto Quando Voglio, che così aveva cominciato, giunge, con questo terzo film, a una conclusione diversa. La banda, consapevole ormai di essere tale, non mette più in scena una commedia grazie proprio all’insicurezza e alla marginalità da cui ogni personaggio proviene (come per esempio un chimico, interpretato da Stefano Fresi, costretto a lavorare nella cucina di un ristorante cinese), ma, acquistando la consapevolezza che insieme, come gruppo, può raggiungere qualsiasi obiettivo, la storia finisce per per passare dal racconto di antieroi, con l’intento di sbarcare il lunario realizzando una droga che può essere venduta sul mercato, a eroi che combattono contro un vero e proprio villain. Sempre molto sfigati, sempre molto nerd e sempre molto perdenti, ma eroi.
Viene così tradito il leitmotiv iniziale “meglio ricercato che ricercatore”, un passaggio che aggiunge una nota dolce a una visione altrimenti piuttosto amara della realtà, affidando questo barlume di speranza a un dialogo anche piuttosto semplice, ma rivelatorio, tra due studenti alla fine del film.