Che coraggio hanno avuto la regista e il produttore di I’m – Infinita come lo spazio, nella fattispecie Anne Riitta Ciccone, al suo quarto lungometraggio, e Francesco Torelli, a realizzare un film decisamente atipico, nei toni, nella messa in scena e nello spirito generale che lo informa, rispetto alla scialba tendenza imperante nel cinema italiano contemporaneo, fatta di commedie politicamente corrette, più o meno tutte uguali, e, soprattutto, ammettiamolo pure, non degne di essere consegnate alla memoria cinematografica del nostro paese.
Girato in 3d (Anne Riitta Ciccone è la prima regista donna in Europa ad aver utilizzato questa tecnologia), I’m – Infinita come lo spazio è dichiaratamente una favola, in cui, (volutamente) abbondano alcuni cliché visti abbastanza spesso in talune pellicole (in particolare statunitensi): Ciccone gioca con alcuni stereotipi, che segnano, in un certo senso, il ritmo della narrazione, per poi emanciparsene, compiendo delle vigorose virate, attraverso cui, senza troppo cincischiare, allude a questioni importanti. Non mancano, in questo senso, alcune e graditissime citazioni, come quando assistiamo al processo di omologazione cui sono sottoposti i giovani, compressi barbaramente in quel trita carne che è l’istituzione scolastica (non può non tornare in mente il The Wall di Alan Parker): Jessica (l’interessante attrice tedesca Mathilde Bundschuh) è una 17enne non allineata, e Ciccone organizza le sue visioni, che lo spettatore vive insieme a lei, compresa l’alienazione che la circonda e da cui prova ad evadere utilizzando la propria creatività (è una brava disegnatrice): è una ‘potenza’ che naturalmente non tollera la baldanza del ‘potere’. Susanna (un’inconsueta e coraggiosa Barbara Bobulova) è un po’ come la sorella maggiore, la quale, però, non ha saputo riconciliarsi con la vita e il mondo in cui è inserita, laddove il suo atteggiamento perennemente antagonista le ha precluso la possibilità di elaborare fino in fondo il proprio disagio.
La regista, sempre coraggiosamente, senza tentare di dar risposte, ma non cessando di porre domande, si confronta anche con la spinosissima questione delle improvvise esplosioni di violenza, ormai sempre più diffuse, che si verificano nelle scuole, in cui spesso alcuni giovanissimi, non compresi, rifiutati, messi al margine, reagiscono all’esclusione subita con un gesto irrazionale di violenza e morte. L’immaginario preso in prestito stavolta è quello di Elephant di Gus Van Sant, e lo spettatore segue con sgomento la follia omicida di chi non ha saputo trovare il proprio spazio in un mondo che assai spesso non lo concede.
Il finale, ci scusi l’autrice se non riusciamo a evitare una discutibile deriva citazionista, ricorda un po’ nei toni e nel senso generale quello assai celebre di 8 ½ di Federico Fellini, se non altro per quella gioiosa riconciliazione che permette alla protagonista di accedere ad una nuova coscienza di sé, in poche parole di maturare. Tratto dal romanzo scritto dalla stessa regista, e sceneggiato insieme a Lorenzo D’Amico De Carvalho, I’m – Infinita come lo spazio è infatti, innanzitutto e per lo più, un racconto di formazione, che, a maggior ragione, i giovani farebbero bene a vedere.
Il film non è esente da difetti (certamente la seconda parte funziona meglio della prima, in cui l’accentuazione della dimensione favolistica potrebbe a tratti risultare stucchevole), ma nell’insieme si rivela un’opera innovativa, coraggiosa, priva di complessi, capace com’è di sfidare i generi, decostruendoli, rielaborandoli, facendoli propri. Chi scrive si astiene dal dare giudizi sull’utilizzo del 3D di cui non è mai stato un sostenitore, piuttosto si limita a segnalare che I’m – Infinita come lo spazio, presentato alla scorsa edizione della Mostra del Cinema di Venezia (Giornate degli Autori), è un film che non deve essere mancato, giacché davvero raramente si è avuta nel cinema italiano dell’ultimo decennio un’opera così originale, non provinciale, dal respiro internazionale, e, dunque, anche assai esportabile. Fatevi un regalo, allora, cercate di non perdere l’occasione di visionare qualcosa che non vi farà gridare al déjà vu. Insomma, prendete una boccata di aria fresca.