fbpx
Connect with us

Reviews

Festa del Cinema di Roma: poco cinema e tanta arte in Trouble no more di Jennifer Lebeau

Non basta la meravigliosa voce di uno dei più grandi artisti di tutti i tempi, Bob Dylan, e la luce calda che lo avvolge per rendere Trouble no more un documentario degno di nota

Pubblicato

il

Non possono non brillare gli occhi a chi ama l’illustre cantautore americano nel vedere il proprio idolo protagonista di una grande performance, ma soprattutto nell’ascoltarlo interpretare delle canzoni bellissime tra le sue meno note, cantate meravigliosamente con una voce, se possibile, più incredibile del solito e accompagnato da una band composta da grandissimi musicisti. Ed è certamente appagante poter vedere documentato uno dei periodi più controversi della sua carriera con immagini permeate da una luce calda e avvolgente che rende il tutto ancora più pregnante. Ma purtroppo, nonostante le sue spiegazioni in conferenza stampa, rimane poco chiaro quali fossero esattamente l’intenzioni di Jennifer Lebeau nell’ideare e realizzare questo documentario dal titolo Trouble no more, presentato in concorso alla Festa del Cinema di Roma, che di cinematografico ha in realtà ben poco.

La regista ha dichiarato che il film è stato concepito con l’intento di dare testimonianza del periodo così detto “cristiano” della carriera di Bob Dylan, in seguito al ritrovamento del materiale di repertorio ad esso relativo, che si pensava fosse andato perso. Si può individuare tale fase nell’arco di tempo che va dal 1979 al 1981 e identificarla con i tre album Slow Train Coming, Saved e Shot of love, con i quali il cantante si è espresso, improvvisamente pervaso dalla fede, in quella che si può definire una vera e propria svolta cristiana, suscitando le perplessità e, in alcuni casi, la vera e propria delusione di pubblico e critica, che hanno considerato questo suo cambiamento una sorta di incoerenza rispetto agli ideali di cui si era fatto portavoce precedentemente.

Il film alterna le immagini di un concerto della seconda parte, tour dedicato ai tre dischi sopracitati che Bob Dylan ha effettuato alla Paramount Pictures nel 1980, a una serie di sermoni interpretati da un sempre carismatico Michael Shannon e realizzati per l’occasione dallo scrittore belga Luc Sante, sulla base di stralci di veri sermoni declamati da veri predicatori dagli anni Venti in poi, con il fine di valorizzare e amplificare il significato dei testi delle canzoni, accorgimento del quale lo spettatore italiano non potrà mai essere consapevole e beneficiare, data l’assenza di sottotitoli che possano dare il giusto valore alle parole di cui questi pezzi sono costituiti, parole che non sono un elemento esattamente irrilevante nell’arte di Bob Dylan.

Probabilmente Jennifer Lebeau, asciugando il suo film da qualsiasi fattore aggiunto, interviste, elementi di regia, idee di rappresentazione, così come ha affermato di aver volutamente tagliato le parti in cui Bob Dylan dialogava con il pubblico, ha voluto esaltare l’arte del cantante facendola parlare da sola, senza appesantirla di qualsiasi altro espediente che potesse intaccarne la luce diretta: tuttavia il risultato è stato che il film viva di sola e totale luce riflessa, e l’esito finale si riduce nel poter apprezzare senza dubbio delle performances indiscutibilmente pervasive e coinvolgenti, ma con l’inevitabile pensiero di non trovarsi di fronte a qualcosa di molto diverso dal dvd di un concerto, e con l’altrettanto inevitabile malizia di non poter non notare la coincidenza con l’uscita sul mercato di un cofanetto deluxe contenente degli estratti live tra cui quelli inseriti nel film.

  • Anno: 2017
  • Durata: 59'
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: USA
  • Regia: Jennifer Lebeau

Vuoi mettere in gioco le tue competenze di marketing e data analysis? Il tuo momento è adesso!
Candidati per entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi Drivers