Londra, giorni nostri. Un investigatore privato si muove solitario nei quartieri periferici di una città cupa e notturna, una City of tiny lights.
Tommy Akhtar (Riz Ahmed, interprete tra gli altri de Il fondamentalista riluttante e Rogue One) vive con l’anziano padre (Roshan Seth), un orgoglioso e fiero ex fuciliere africano del re e sostenitore del cricket come allegoria di vita; conduce un’esistenza disordinata, ingabbiato in un passato con cui non riesce ancora a fare pace.
“Io mi occupo delle bugie che dice la gente e delle verità che non dice. Io mi occupo di segreti, li faccio venire a galla o li insabbio.” Una delle prime battute rivela sin da subito il tema di City of tiny lights, diretto da Pete Travis e scritto da Patrick Neate, basato sul suo omonimo romanzo del 2005, e cioè i segreti che nascondiamo per portare avanti le nostre vite e i nostri progetti.
La storia si mette in moto quando Melody (Cush Jumbo), una giovane prostituta preoccupata per la sua coinquilina Natasha, che non è rincasata dopo una notte con un cliente, incarica Tommy di occuparsi della scomparsa.
Come per i suoi illustri predecessori, Philip Marlow–Humprey Bogart ne Il grande sonno (1946) e Harper-Paul Newman in Detective’s Story (1966), verso cui City of tiny lights è debitore sin da subito per i tratti del noir, la chiamata all’avventura apre una serie intricata di eventi; Tommy si ritrova a fare i conti non soltanto con il contesto politico e sociale di una Londra schiava della paura del terrorismo, ma anche con il suo passato. Quest’ultimo, raccontato attraverso i molti flashback, fornisce una delle tante sottotrame che tenta di spiegare il carattere e il vissuto di Tommy e di Shelley (Billie Piper), la donna di cui era ed è ancora innamorato e fa emergere il personaggio de ‘Il Bello’ (James Floyd), amico dai tempi della scuola, dalla personalità all’apparenza sicura di se ma il cui forte bisogno di approvazione lo spinge, ieri come oggi, parecchio oltre.
Grazie anche alla suggestiva fotografia di Felix Wiedemann, l’apertura di City of tiny lights regala promesse narrative che purtroppo si perdono tra le tante sotto-storie che si aprono, almeno per tre quarti del film, rubando la tensione alla trama centrale, che si fa fatica a tenere ben presente e che trova una chiusura, insieme alle sotto-trame, nell’ultimissima parte.
L’intreccio della finzione con il contesto sociale e politico di Londra di una decina di anni fa, epoca del romanzo da cui City of tiny lights è tratto, è ricco di spunti interessanti su argomenti ancora di forte attualità in molte città d’Europa; il dilagare della droga per le strade e nei locali, il processo di gentrificazione, uno dei punti chiave del film, che trasforma i quartieri periferici in nuovi quartieri residenziali con appartamenti di lusso; la presenza della lega araba giovanile come capro espiatorio dei mali di un’Europa che già è malata di suo, e la presenza ingombrante e arrogante dei servizi segreti americani, sui quali una delle battute di Tommy (e probabilmente dell’autore) rivela “Loro lo chiamano terrorismo quando non sanno chi l’ha fatto o quando l’hanno fatto loro stessi”.
City of tiny lights è disponibile sulla piattaforma Netflix.