Roma violenta di Franco Martinelli con Maurizio Merli, un film poliziottesco italiano diretto da Franco Martinelli nel 1975. È il primo film della cosiddetta Trilogia del commissario, che vede protagonista il commissario Betti, interpretato da Maurizio Merli, il quale diverrà in seguito icona del genere poliziottesco. Il progetto per realizzare questo film nacque sulla scia del successo di un altro poliziottesco, La polizia incrimina, la legge assolve (1973). Infatti doveva essere una sorta di sequel e per questo la regia venne offerta a Enzo G. Castellari, regista di quest’ultima pellicola, che però rifiutò per problemi legati al compenso. Infine la regia venne affidata a Marino Girolami, padre di Castellari, che per l’occasione utilizzò lo pseudonimo Franco Martinelli. Inizialmente i produttori scelsero per la parte del protagonista Richard Harrison, ma il regista insistette per far avere la parte a Maurizio Merli.
Sinossi
Il commissario Betti, della Questura romana, ha avuto un fratello minore ucciso da dei rapinatori. Allora si scatena quando si verifica un episodio analogo, con metodi tali per cui viene rimosso dall’incarico. Betti diventa poi il capo di un gruppo di vigilantes che, anch’essi, fanno giustizia sommaria. Un suo amico, vittima di un’aggressione che lo rende invalido, lo ammonisce a rimettersi in riga.
Del film furono girati due seguiti, uno intitolato Napoli violenta, e qui ambientato, questa volta diretto da Umberto Lenzi, l’altro intitolato Italia a mano armata, diretto di nuovo da Martinelli, ambientato tra Torino, Milano e Genova. Esistono altri cinque titoli che farebbero pensare ad un collegamento con questi film ovvero Milano violenta, Torino violenta, Provincia violenta, Genova a mano armata e Roma a mano armata (quest’ultimo ha Merli come protagonista, ma fa parte assieme a Il cinico, l’infame, il violento della serie dedicata al commissario Tanzi), ma, con l’esclusione dei titoli, non vi è alcuna relazione di trama tra le pellicole. Il film detiene il record assoluto d’incasso del genere poliziottesco, con oltre due miliardi e mezzo di lire del 1975.
A proposito del film, Aurora Santuari scrisse sul quotidiano comunista Paese Sera: «L’ideologia di pura marca fascista che circola per tutto il film non è nemmeno mascherata, come altre volte nel filone “poliziotto”, da alibi legalitari». Marco Giusti nel suo dizionario Stracult lo qualifica invece come cultissimo poliziesco, mentre il Morandini ne sottolinea la regia stenta e stinta che scopiazza male i modelli hollywoodiani.