Connect with us

Approfondimenti

L’inganno di Sofia Coppola, ovvero la messa in scena dell’incontro impossibile tra maschile e femminile

Il remake de La notte brava del soldato Jonathan è solo un pretesto che Sofia Coppola usa per rappresentare il mistero di cui il maschile non sa neanche immaginare il codice: il mondo femminile

Pubblicato

il

1864 Guerra civile americana. In territorio sudista, nei pressi di un internato per ragazze di buona famiglia, la giovanissima Amy, mentre raccoglie funghi, trova un nordista seriamente ferito ad una gamba. Decide di soccorrerlo e lo aiuta a raggiungere l’edificio in mezzo ai boschi dove le dame e damigelle presenti si prenderanno cura di lui. Miss Martha Farnsworth si trova in una situazione di compromesso tra il pericolo di avere un uomo in casa, un soldato dell’Unione peraltro, e il senso del dovere che le impone di offrire aiuto. Curerà personalmente la ferita del caporale John McBurney, mentre le altre gentili e eleganti fanciulle della struttura cercheranno di essere scrupolosamente partecipi alla situazione imprevista, tra una lezione e l’altra della delicata e raffinata insegnante Miss Edwina. Il pericolo è soprattutto quello di nascondere alle truppe sudiste, che spesso controllano la zona, la presenza dello straniero, “scomodo” ospite.

Il remake de La notte brava del soldato Jonathan è solo un pretesto che Sofia Coppola usa per rappresentare il mistero di cui il maschile non sa neanche immaginare il codice: il mondo femminile. Fuori gli uomini giocano ai soldatini, facendo la guerra; dentro le donne giocano con le bambole e i “bambolotti”. Durante i conflitti più o meno civili si sa che  le donne sono oggetto di stupro, quindi occorre essere molto prudenti e, soprattutto, sublimare il corpo attraverso il supplizio della perfezione e della compostezza, mentre il desiderio erotico gioca nell’imprevedibilità di una presenza che si fa immobile e proprio per questo desiderabile.

In questa collegio/internato si palesa la presenza di “altro oltre lo studio”; la carità cristiana non è che un subdolo strumento per “non indurre in tentazione i soldati”, e occorre pregare insieme al caporale prima di dormire e riflettere sulla sua presenza. I pranzi di “Babette”, elegantemente confezionati per lo straniero, rappresentano un compiaciuto cedimento allo spazio del desiderio, che è tale solo perché sempre dilazionato. D’altronde c’è chi sa che “tutti facciamo cose che non avremmo mai immaginato”, e se da un lato le signore hanno imparato la lezione del caporale, ossia che il nemico non è quello che si pensava, tuttavia le stesse fanno presto a diventare “puttane vendicatrici”, come le chiama l’insospettabile soldato/nemico, non appena disattendono le sue virili aspettative.

Ecco che la guerra civile si fa in casa, e la guerra più lunga, mondiale, eterna, atavica senza trattati di pace diventa quella tra il soldatino e la bambola. E la guerra si fa di carne, e se “il coraggio è solo quello che richiede il momento”, le bambole sanno diventare di algida porcellana. E mentre la morte “si fa bellissima” e i libri di anatomia servono per mettere “ i punti in linea retta”, il sofisticato humour che accompagna il film fa procedere Sofia Coppola, con maliziosa direttività, al punto di convergenza: l’inganno restituisce  legittimità alla perversione del gioco: un asciutto esercizio di stile fornisce un equilibrio concettuale e strutturale alla dinamica della creazione artistica. Erotismo, desiderio, favola, agone; dilatazione sgranata di un’evidente seppur invisibile condizione: l’amor scortese tra la bambola e il soldato.

Una donna che sa fare la donna, sa anche giocare con la sua maschera, sa giocare con il sembiante femminile, sa essere il “sintomo di un uomo”, il che significa che sa godere nel tenere la posizione dell’oggetto nel fantasma maschile”, sosteneva Jacques Lacan e Sofia Coppola sa descrivere molto bene l’autocastrazione della bambola, che, ne Il giardino delle vergini suicide addirittura decide per l’autoeliminazione. E questo perché il godimento maschile è governato da un fantasma feticistico, mentre quello femminile si abbrutisce di fronte alla brutalità acefala del godimento fallico.

La guerra civile riscritta dalla regista ha come protagonisti due continenti alla deriva, il godimento maschile e il desiderio femminile, che non si armonizzano perché non possono; non c’è possibilità di conciliazione tra loro se non nell’ipocrisia costruita dall’industria culturale. Il “rapporto sessuale non esiste” diceva Lacan, c’è l’ingombro del fallo che vincola all’incubo dell’avere.

Queste  donne egregiamente rappresentate sono poste di fronte ai loro dilemmi che rendono possibile l’incontro con la verità scabrosa del loro desiderio inconscio senza però mai pretendere di guidarle verso un ideale di normalità che non esiste.

Sofia Coppola si diverte a giocare con tutto questo, creando un raffinato affresco ironico, a tratti sarcastico, sulla condizione donna/uomo; una guerra spesso (in)civile, non dichiarata, di una schiavitù reciproca, ma soprattutto giocata sull’impervia istanza del proprio Io.