Dopo una lunga pausa interrotta dall’interessante documentario S Is For Stanley – Trent’anni dietro al volante per Stanley Kubrick (2015), insignito con il David di Donatello per il miglior documentario di lungometraggio e con il Master of Art Film Festival, Alex Infascelli torna al cinema di finzione prendendo spunto da una pièce teatrale del drammaturgo, scrittore, saggista, traduttore, regista e sceneggiatore francese naturalizzato belga Éric-Emmanuel Schmitt, Piccoli crimini coniugali (Petits crimes conjugaux, 2003). La fonte letteraria è stata trattata in fase di sceneggiatura dallo stesso Infascelli e Francesca Manieri, e i ruoli dei due protagonisti sono stati affidati a due fuoriclasse quali Margherita Buy e Sergio Castellitto, che hanno fornito un consistente valore aggiunto alla discreta messa in scena.
L’escamotage dell’apparente e temporanea perdita della memoria di Elia (Castellitto), da cui prende le mosse il film, è la strategica premessa che innesca lo psicodramma cui lo spettatore assiste durante gli ottantacinque, e tutto sommato agili, minuti di visione. Anzi va dato atto al regista (anche nei panni di montatore) che la durata contenuta ha permesso di dare corpo ad una messa in scena abbastanza riuscita, laddove la natura teatrale del lungometraggio, inevitabilmente e necessariamente verbosa, se non fosse stata dinamizzata avrebbe potuto imbolsire l’insieme rendendolo indigesto.
Due amanti si producono in un estenuante corpo a corpo nello spazio chiuso di un ambiente ultra borghese (peccato irredimibile della scuola francese), dando vita ad un serrato confronto dialettico, in cui ad essere messo in discussione è il valore della coppia, la sua legittimità, al di fuori dell’istituzionalizzazione dell’ordine simbolico. Se Elia, rappresentante esemplare del genere maschile, non esita in virtù di una razionalità cui non può rinunciare (è un intellettuale, uno scrittore) a infliggere bordate al mito del vincolo coniugale, che ritiene per l’appunto il luogo in cui si perpetrano i piccoli, che poi tanto piccoli non sono, crimini, la moglie (Buy), animata da un atavico e imprescindibile, sebbene non fondato, desiderio di stabilità, non vuole rinunciare, quantunque messa alle strette dall’esperienza, a una relazione ventennale ormai sfibrata, logorata. Poi, il film vira verso le tinte del thriller, riuscendo in tal modo a drammatizzare ulteriormente il tono del racconto.
Non proseguiamo oltre nello svelamento della trama per non rovinare la fruizione a chi non l’avesse ancora visto; ciononostante lo scrivente non può evitare di soffermarsi su un passaggio particolarmente significativo dello scontro tra i due protagonisti. Lo scambio è il seguente:
Elia: “Come fai ad amarmi se disprezzi la creatura che io amo di più?” (si riferisce al romanzo da lui scritto, e a cui è più legato).
Moglie: “Io ti amo per quello che sei, non per quel che fai.”
Ebbene quest’ultima battuta (della moglie) veicola la più gratuita e pericolosa delle metafisiche, e rivela ancor di più le ottime premesse dell’opera da cui è stato tratto il film. Infatti, viene toccato un nervo da sempre scoperto del dibattito filosofico, laddove, esistenzialmente, la moglie di Elia predica la precedenza dell’essenza sull’esistenza (provocando – presumiamo – il rivoltamento di Jean-Paul Sartre nella tomba).
E, a questo punto, lo scrivente non può evitare di prodursi in un breve sconfinamento, un fuori tema, per cercare, con i suoi limitati di strumenti, di fare un po’ di chiarezza su un punto su cui si continua, spesso anche in malafede (proprio per riprendere il gergo sartriano de L’essere e il nulla), a equivocare. Seguendo la lezione de L’esistenzialismo è un umanesimo (Manifesto Filosofico di Sartre) si può e di deve senza dubbio affermare che “l’esistenza precede l’essenza” e che “l’uomo è quel che fa, non quel che è.”
Con ciò non si vuole negare la realtà ontologica della potenza (alla maniera dei Megarici), anche perché nessuno si sognerebbe di contestare Aristotele. Solo che la potenza, la possibilità, si situa in un tempo accanto a quello cronologico, all’interno di una ‘durata’ (bergsoniana), in cui il rapporto di causa-effetto normalmente operativo è sospeso in favore di un flusso temporale attraverso cui si dipana un’indiscernibilità che sostituisce la dialettica. Ma se, erroneamente, considerassimo la potenza ciò a partire da cui prende corpo l’atto compieremmo un madornale errore di valutazione dal punto di visto squisitamente gnoseologico. È sempre a partire dall’atto che si illumina retroattivamente la potenza, la quale, comunque, non può essere ritenuta ciò che sta dietro al fenomeno, che ne permette la manifestazione, laddove, come si diceva sopra, per essa il rapporto causa-effetto è inefficace. Sebbene abbia consistenza ontologica, la potenza è di ‘altra natura’ rispetto all’atto, una natura incommensurabile, e, dunque, non è conoscibile (e, allora, di cosa parla la moglie di Elia?).
Lo scrivente si scusa con il lettore, ma proprio non poteva omettere la suddetta, doverosa osservazione. Cosa aggiungere? Già da sola questa pregnante suggestione filosofica vale il prezzo dell’acquisto del blu ray. Il film di Infascelli non solo è dignitoso, ma meritevole della più viva attenzione. Per tali motivi, vi consigliamo caldamente di non perdere l’occasione per visionarlo.
Pubblicato da Fabula Pictures e distribuito da Koch Media, Piccoli crimini coniugali è disponibile in blu ray, in formato 1.85:1, con audio DTS-HD Master Audio 5.1. Nei contenuti extra il backstage e il trailer.
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