Cosa vedere su Netflix. Dunkirkdi Christopher Nolan su Netflix dal 15 giugno
La memoria e il mito dell’episodio storico dell’evacuazione di Dunkerque come incubo di un’attualità fortemente segnata dal senso della precarietà, e come necessità simbolica e altrettanto precaria di elaborarlo, a partire dalle materie affettive ed emotive del lutto e del caos.
La poetica del Cavaliere oscuro
Riconosciamo compiutamente la poetica del regista del Cavaliere oscuro in quest’opera che lavora su una polifonia di registri espressivi dissonanti. È un lungometraggio sul nostro destino di morte, e va contestualizzato in una contemporaneità occidentale che vede sempre più progressivamente rovinare le nostre difese, personali e sociali, come dighe friabili. Il film è, al contempo, un lavoro riflessivo sullo statuto simbolico delle nostre retoriche (non solo belliche e non solo patriottiche) che intendono conservarci a noi stessi con le loro maschere (e mascherine) contrapposte ai fiumi incontrollabili di detto “reale” e dei suoi lutti.
Dunkirk tra metafisica e metalinguaggio
Il lungometraggio si muove tra una metafisica della difesa disperata della vita e il metalinguaggio di un’interpellazione non elusiva della retorica più greve ed elementare della conservazione della vita stessa (vedi, a quest’ultimo riguardo, il dramma e le conflittualità che si accenderanno nella piccola imbarcazione dei patrioti e familiari in lutto, accorsi al salvataggio dei connazionali inglesi su suolo francese, nel ricordo del congiunto perso in quella stessa seconda guerra mondiale). Il contesto e il destino cui la scena ritorna pressoché costantemente, rimane quello rovinoso della disfatta di ogni argine e struttura simbolici e materiali della soggettività: la spiaggia militaresca impossibilitata a darsi alla fuga, i corpi accarezzati dal nulla degli spazi e dall’aria, il mare, le bombe implacabili dal cielo.
Nolan un interprete del nostro presente
Con Dunkirk, Nolan si conferma, sempre più profondamente, uno dei grandi interpreti cinematografici del nostro presente, e della sua precarietà: un visionario che punta con notevole libertà poetica ai nostri automatismi culturali e alle nostre supposte disponibilità, prendendoli appunto per le maschere rassicuranti e solo apparentemente conservative che spesso sono e diventano, e svelandone al contempo il terribile fondo.
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