Reviews

Black Sabbath – The End of The End, l’ultimo concerto della band di Ozzy Osbourne

Nelle esperte mani del regista Carruthers, il documentario appare come il canto del cigno di uno dei complessi più influenti degli ultimi anni, ma senza malinconia o recriminazioni

Published

on

L’ultimo concerto dei Black Sabbath segna l’apice di una carriera che, come poche, ha creato un genere musicale nuovo e ha ridato nuova linfa e vigore al rock degli anni sessanta, aprendo la strada alle sperimentazioni estreme del decennio seguente. Come molti rockumentary coevi (si pensi, ad esempio, a Metallica- Some Kind of Monster, 2004), il film racconta di come la storia pubblica e personale dei componenti del complesso s’intrecci sino a divenire un tutt’uno, evitando però il compiacimento scandalistico da rotocalco o da Mtv. Sul palco, non mancano ovviamente i brani celebri come Iron Man, Paranoid, War Pig e molte altre, per la gioia degli appassionati della prima ora. Ma l’occhio della macchina da presa esplora anche i membri del gruppo dietro le quinte, mentre si cimentano in alcuni dei loro brani migliori (che per non rovinare la sorpresa non riveliamo), non eseguiti dal vivo e, complice l’assenza del pubblico, riesce ad offrire uno sguardo intimo e personale sui componenti del complesso, sul loro aspetto più sincero e spontaneo, sui contrasti che li hanno divisi e sull’amicizia decennale che li lega, le canzonature fra chi si conosce ormai da troppo tempo e, infine, gli aneddoti personali, maturati lungo quasi cinquant’anni di conoscenza (proprio del 1968 è la formazione dei Black Sabbath).

Nelle parole dei componenti del complesso affiora, insieme all’orgoglio per gli invidiabili risultati raggiunti, anche l’amarezza di dover finalmente salutare il pubblico («Non si può suonare per sempre», affermò Roger Waters quando nel 2013 concluse l’ultima edizione del tour di The Wall). Una nota amara si coglie nelle parole del fondatore che rimpiange l’assenza di Bill Ward, primo batterista del complesso, allontanatosi definitivamente nel 2013. Nelle esperte mani del regista Dick Carruthers, specialista di film musicali e già responsabile di film consimili come Led Zeppelin: Celebration Day e di Imagine Dragons: Smoke + Mirrors Live, il documentario appare dunque come il canto del cigno di uno dei complessi più influenti degli ultimi anni, ma senza malinconia o recriminazioni; eppure, come afferma il fondatore Ozzy Osbourne, questa è davvero l’ultima parola, o meglio, l’ultima canzone di un gruppo che ha ridefinito un genere, e dall’influsso del quale non si può oggi prescindere: un classico, dunque, che ha cambiato irrevocabilmente l’ultimo mezzo secolo di musica. Osbourne sembra comunque aver le idee chiare: i Black Sabbath non sono in procinto di riformarsi fra un lustro o un decennio, né per contentare il pubblico, ancora numeroso, né per calcoli o allettamenti commerciali. Forte di questa convinzione, Osbourne ammette comunque di trovare arduo e difficile salutare una volta per sempre, e proprio nella sua città natale, quel pubblico che per tanti decenni ha seguito e apprezzato lui e i componenti del suo complesso. Del resto, come recita il titolo, questa è davvero «la fine della fine». Oppure, per usare le parole dei Doors: This is the end, my only friend…

Commenta
Exit mobile version