Volendo parlare di Elena Ferrante attraverso i suoi romanzi, e le testimonianze di autori autorevolissimi, il documentario di Giacomo Durzi, Ferrante Fever, risulta per forza molto intenso, un po’come le pagine stesse della Ferrrante. Lei però le vuole dense durante la lettura; poi ciascuna a modo suo leggera nel passaggio a quella successiva. E forse, diciamolo subito, a Ferrante Fever manca proprio questa lievità. Per fortuna, i responsabili della sceneggiatura, lo stesso Durzi insieme a Laura Buffoni, hanno evitato qualunque accenno alla reale identità della scrittrice, ma d’altra parte non gliel’avremmo perdonato. Perché le indagini giornalistiche su di lei come persona ci hanno veramente stancato.
“Io credo che i libri non abbiano alcun bisogno degli autori, una volta che siano stati scritti”: lo diceva nel 1991 nella lettera all’editrice che apre La frantumaglia, una sorta di suo Zibaldone, di autoritratto, pubblicato nel 2003; materiale ricchissimo da cui il documentario attinge a piene mani.
“Mia madre mi ha lasciato un vocabolo del suo dialetto che usava per dire come si sentiva quando era tirata di qua e di là da impressioni contraddittorie che la laceravano. Diceva che aveva dentro una frantumaglia.” Frammentazione dell’Io (e sdoppiamento ne L’amica geniale), che la scrittura cerca di compattare, ma non prima di essere andati a fondo, molto a fondo, nella conoscenza di sé. In video la scrittrice, sceneggiatrice, regista e attrice Francesca Marciano (consiglio di lettura: Casa rossa) ci racconta quanto L’amica geniale l’abbia accompagnata, trascinata quasi, in questa discesa nell’oscurità, nonostante volesse resisterle.
Smarginatura è un altro termine che ci ricorda la traduttrice della Ferrante, Ann Goldstein: perdita del confine, che Lila, una delle due amiche geniali del romanzo, avverte come sensazione fisica, come perdita di solidità nel corpo e nell’anima.
Più legata all’intreccio delle vicende che non lasciano scampo sembra invece Hillary Clinton, la cui voce nell’incipit di Ferrante Fever spiega l’esperienza di questa lettura così ipnotica, una febbre alla quale non poteva cedere durante la campagna elettorale. Ma poi forse dev’essersi arresa. Anche Jonatan Franzen, che pensava ci avrebbe messo chissà quanto a leggere il primo volume della quadrilogia, poi li ha letti tutti e quattro in quindici giorni. Lui e gli altri testimoni, che con la letteratura, e il successo, sono molto in confidenza, condividono il senso di vuoto che prende alla fine della lettura, il sentirsi orfani, quella stessa domanda, E ora?, che ci fa sentire soli, chiusa l’ultima pagina del quarto libro.
Una voracità, una bulimia di storie, immagini, e luoghi, che negli ultimi due anni ha accomunato generazioni, classi sociali, estrazioni culturali, e tutte le geografie possibili. E che in America è diventato un fenomeno senza precedenti. Di tutto questo si parla mentre scorrono fumetti con i toni del grigio che rappresentano le protagoniste bambine e adolescenti de L’Amica geniale, Lila e Lenù. Oltre ad una donna vestita di nero che cammina ripresa di spalle, sempre su sfondo grigio. Questa presenza ci piace un po’ meno per il riferimento troppo esplicito alle ombre dei temi trattati e all’identità misteriosa dell’autrice. Non poteva mancare poi il corpo di Anna Bonaiuto con il suo indimenticabile vestito rosso scollato, che domina la scena nei vicoli e nei suoni di Napoli in L’amore molesto di Mario Martone, altro testimone entusiasta del documentario.
E ancora, la scrittrice Elizabeth Strout. Si sofferma sull’importanza dei luoghi, la Strout: non sarebbero gli stessi i libri della Ferrante se non ci fosse Napoli (chissà come viene resa in inglese la napoletanità delle atmosfere e della lingua!) che è molto più di uno sfondo; ma d’altra parte neanche tutte le storie della Strout sarebbero le stesse se non vivessero nella periferia del Maine.
E ancora Roberto Saviano che l’ha proposta allo Strega del 2015 e Nicola Lagioia che quello Strega l’ha vinto ed è autore di una bellissima intervista all’autrice del 2016. L’anno dopo, perché nel periodo della competizione la Ferrante non ha voluto parlare, neppure dietro le quinte.
Insomma, un lavoro molto intenso quello di Giacomo Durzi, forse troppo. Vien voglia ora, davvero, di fare una pausa, di far sì che questa febbre passi, si smorzi. Di farla decantare, incontrare nuovi stimoli di lettura, in attesa della fiction firmata da Saverio Costanzo che vedremo l’anno prossimo.
Ferrante fever sarà nelle sale il 2-3-4 ottobre 2017.