La perdita di una persona cara comporta un dolore immenso, vorace, inestinguibile. Incapaci di accettare il lutto, i familiari si chiudono, spesso, in un silenzio plumbeo e in un isolamento estemporaneo per avere l’illusione che la loro sofferenza possa riempire quella mancanza e, magari, colmarla, proteggendo le altre persone che si amano. Lo scrittore Nicola Yoon approfondisce lo studio di questi sentimenti antitetici nel suo volume Noi siamo tutto, una drammatica storia d’amore e sofferenza adolescenziale divenuta subito uno dei best seller più amati dai teenagers. Affascinata dalle dinamiche della vicenda, la regista Stella Meghie (anche sceneggiatrice di Jean of the Joneses) ne porta sul grande schermo l’omonima trasposizione cinematografica, affidando il ruolo dei protagonisti a due ragazzi giovani, belli ma non del tutto ignari delle difficoltà della vita.
Lei, Madeleine, Amanda Stenberg, è rinchiusa sin da quando era bambina in una gabbia di vetro tecnologica e completamente accessoriata per proteggersi dall’impatto che i batteri avrebbero sul suo organismo. A causa della sua rara patologia, la SCID, ovvero l’immunodeficienza combinata, infatti, vive come un astronauta bloccato nello spazio, lontano dal mondo, lontano dagli amici, lontano dalla vita reale. Lui, Olly, Nick Robinson, invece, è costretto a fronteggiare le violenze di un padre costantemente ubriaco e infelice. I continui trasferimenti della sua famiglia lo portano ad abitare di fronte a casa di Maddy, con cui scambia sguardi, sorrisi e messaggi in codice. Il loro gioco proibito si trasforma presto in una relazione amorosa funambolica, divisa tra speranze e disillusioni, tra baci inattesi e incontri ravvicinati, tra sentimenti di amore e bisogno di repulsione. La malattia della ragazza, però, è un ostacolo insormontabile che distrugge i loro sogni rivelando una realtà più dura e crudele di quella che si sarebbero aspettati. Eppure, incoscienti e inconsapevoli del dolore che arrecano a se stessi e ai loro cari, fuggono insieme, affrettano i tempi e si ritrovano costretti a fronteggiare avventure diverse da quelle dei libri su cui fantasticavano. Riescono finalmente a vedere il mondo con i loro occhi e, imparando ad accettarne sia i pro che i contro, trovano l’equilibrio necessario per assicurarsi una vita sana.
La storia del romanzo, incentrata principalmente sulla relazione tra i due protagonisti, è narrata linearmente, senza troppi fronzoli. Portarla sul grande schermo, significa, quindi, trovare una chiave di lettura che possa valorizzarne i piccoli componenti. Per questo, Stella Meghie si affida a J. Mills Goodloe (sceneggiatrice di pellicole come Il meglio di me e Adaline- L’eterna giovinezza), un’autrice che riesce ad enfatizzare la comunicazione adolescenziale in una vicissitudine, a tratti, surreale. La vicenda, tutto sommato, scorre piacevolmente, il ritmo è avvincente e i giovani interpreti sono convincenti nei propri ruoli. Noi siamo tutto, dunque, è una pellicola drammatica che funziona piuttosto bene, riuscendo persino a far dimenticare agli spettatori l’assurdità dello stesso macguffin della storia.