La provincia di Caserta è stata protagonista all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, che si é conclusa da qualche giorno. Tra i film italiani hanno brillato in particolare Nato a Casal Di Principe di Bruno Oliviero, presentato Fuori Concorso, ispirato ad una vicenda personale di Amedeo Letizia, che ha scritto il soggetto e ha prodotto il film, e Veleno di Diego Olivares, film di chiusura della 32° Settimana Internazionale della Critica, ispirato alla vicenda di Arcangelo Pagano, agricoltore nella Terra dei Fuochi, morto per un carcinoma allo stomaco causato dai rifiuti tossici che avvelenano aria acqua terra e, inevitabilmente, la mentalità degli abitanti della zona.
A scrivere il soggetto e a produrre il film anche in Veleno è un parente della vittima, collaborando alla sceneggiatura di Diego Olivares, ex avvocato civilista con la passione per il cinema, al suo secondo lungometraggio da regista, dopo I Cinghiali di Portici del 2003.
Cosimo (Massimiliano Gallo, presente a Venezia 74 sia in Nato a Casal Di Principe che in Gatta Cenerentola) ed Ezio (Gennaro Di Colandrea) sono fratelli, proprietari della stalla e di una mandria di bufale; molto legati alla terra, ereditata dal padre, e alla loro attività di agricoltori, subiscono la minaccia di Donato Vasile (Nunzio Paone) il cui obiettivo è quello di costruire una discarica per i rifiuti tossici proprio nell’area in cui si trovano le terre di Cosimo e Ezio.
Dopo avergli fatto incendiare la stalla con tutto il bestiame, zio Donato manda avanti suo nipote acquisito, l’avvocato Rino Caradonna (Salvatore Esposito, Genny Savastano della serie Gomorra) che con la scusa di occuparsi del rimborso dell’assicurazione, dovrà convincere i due fratelli a vendere, per favorire il progetto dello zio.
Ezio, spinto da sua moglie, è propenso a vendere la sua parte di terra e soprattutto accetta il lavoro che gli propone Rino, che fa da tramite tra la camorra e gli imprenditori che devono smaltire i rifiuti tossici; e mentre Ezio scarica veleno, aggravando una situazione ambientale che da anni continua a causare gravi malattie, a suo fratello Cosimo viene diagnosticato un carcinoma allo stomaco. Rosaria (una convincente e perfetta Luisa Ranieri), la moglie, è in attesa del loro primo figlio, tanto desiderato per anni; donna forte e attaccata alle radici sorretta da una grande fede in Dio e dall’amore che la lega a Cosimo, si oppone alla vendita della terra, creando una spaccatura con Ezio e sua moglie.
Quelli come Rino Caradonna cercano di insinuarsi proprio in queste fratture affettive, seducendo le prede con soldi facili e accerchiando chi non vuole stare alle regole del gioco, per farlo desistere.
Eppure Rino Caradonna non è nato cattivo. Hanno sparato a suo padre quando aveva un anno ed è stato cresciuto da sua madre nel mito di zio Donato che l’ha fatto studiare, gli ha dato sua nipote per moglie e lo sta portando verso la poltrona di sindaco. Padre disattento ma affettuoso, marito infelice, figlio premuroso e aspirante mammasantissima, Rino ha poco spazio per capire cosa vuole realmente dalla vita. La sua giornata inizia al mercato della frutta e della verdura, luogo di perenne scambio e non soltanto di tipo alimentare e si conclude in una stanza d’albergo dove cerca quel piacere che nella stretta vita coniugale proprio non riesce a trovare.
Sua moglie lo venera, elemosina un affetto che Rino è incapace di dare, talmente preso dalla sua carriera politica in ascesa e, soprattutto, dal costante bisogno di dimostrare a se stesso che può arrivare sempre più in alto.
La tragedia di Cosimo e Rosaria passa per un momento in secondo piano, quando Rino decide finalmente di agire di testa propria; all’ombra di uno zio potente per tutti i 35 anni della sua vita, Rino gli si ribella quando scopre che il vecchio si è spinto troppo oltre nelle attenzione verso la figlia adolescente e in quel momento si prende prepotentemente la scena, finalmente protagonista, anche se per poco, della sua vita.
Stremata dalla gravidanza, dalla malattia del marito, dalle continue ritorsioni da parte degli uomini di Rino e Donato, Rosaria lotta tenacemente e si attacca alla speranza e alla fede, la nascita di una bambina che chiamerà Anna, come la santa protettrice di tutte le partorienti, e il ritorno alla stalla dell’unica bufala sopravvissuta all’incendio le danno la forza di andare avanti e di non smettere mai di credere nei valori che l’hanno resa la donna impavida e coraggiosa che è diventata; un esempio positivo, come tanti, che lottano ogni giorno contro il veleno della logica dei facili guadagni e della soddisfazione dei propri desideri personali a scapito della collettività.