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‘L’insulto’ di Ziad Doueiri, palestinesi e cristiani divisi dal potere delle parole

The Insult di Ziad Doueiri: un processo in tribunale si evolve in un’indagine sui luoghi della coscienza, riaprendo le ferite di un passato e ridiscutendo le speranze del futuro. Su RAIplay il film candidato agli Oscar 2017

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Può un piccolo incidente legato ad una tubatura dell’acqua portare ad un’ampia crisi religiosa dettata dal conflitto tra cristiani e palestinesi? È quello che accade nel bel film di Ziad Doueiri, The Insult,  L’insulto, presentato al Festival di Venezia 74 nel 2017e disponibile in streaming su RAIplay .

Il punto di partenza é  un banale fatto biografico e si richiama all’episodio in cui, dalla sua terrazza di casa a Beirut, era scivolato, per una distrazione, un vaso sulla testa di un passante.

Questo avrà generato un insulto da parte del malcapitato, ma certamente non un vorticoso caso nazionale. A quanto pare invece le leggi del caos intervengono in modo incisivo nella pellicola di Doueiri, ambientata in quel Libano diviso da religioni e gruppi etnici.

La complessità del Libano trova in The Insult un punto di convergenza ma non solo. Lo scontro che vede contrapposti il palestinese Yasser (Kamel El Basha) e il cristiano Toni (Adel Karam) si evolve infatti in un vero e proprio legal thriller che molto deve al cinema americano che a quel genere è particolarmente affezionato. Ad ogni modo, fosse solo un coinvolgente film di scontri in tribunale ci si potrebbe fermare ad un nulla di nuovo. Il punto di forza di The Insult sta invece nell’usare un genere per raccontare altro.

L’insulto trama incalzante

La vicenda parte, come ha dichiarato il regista stesso (che ha scritto il film con l’ ex moglie), da un piccolo evento che diviene universale. Non solo la cronaca di una dolorosa diatriba religiosa ma anche un inoltrarsi su una questione di singoli valori umani. Non solo la storia di un processo, ma soprattutto il racconto dell’interiorità e di un passato che non si può purtroppo cancellare. Ecco allora che il ritmo via via più incalzante (con colpi di scena inclusi) si allaccia bene alle cicatrici di una guerra civile che sì, appartiene al passato ma che ha lasciato evidenti strascichi sociali e psicologici. I dibattiti in tribunale divengono un flusso di parole, di sguardi e di ricordi che offrono alla pellicola di Doueiri quel valore aggiunto che rende il dramma legale un dramma di coscienza.

Lo spettatore si ritrova così inizialmente a patteggiare per uno dei contendenti, poi per l’altro. Poi inizia a serpeggiare l’idea che quello che si ha innanzi sia un intreccio sulle debolezze, gli egoismi, la scarsa empatia della natura umana.

L’insulto e il potere delle parole

Le parole cambiano tutto” si legge ad inizio film.

Ed è vero. Non solo le parole dell’abile retorica tra avvocati, non solo le parole usate come mezzo di scontro ma anche quelle parole che se pronunciate possono dettare la necessità di una speranza. La speranza chiama il futuro ma si concentra nel presente. Un presente che il testosterone dei due uomini in lotta fa sgretolare.

Suggestiva in tal senso l’immagine di un binario, un percorso per antonomasia rivolto in avanti, che qui invece diventa un luogo orribile del passato; in simbiosi con il fiume del Cuore di tenebra di Conrad.

Come elaborare il lutto di un binario che scompare nell’intreccio delle sterpaglie? L’elaborazione, il tentativo, questo diventa anche quel processo. Un processo che ha luogo poi nella psicologia dei protagonisti. Uomini orgogliosi, testardi che, fortuna loro, vengono accompagnati dalle rispettive mogli. Sì, perché si sa, è nelle donne che risiede spesso la ragione, intesa come atto riflessivo non osteggiato dalla violenza fisica o da quella verbale.

Le mogli cercano di pianificare un sostegno e di non patteggiare sempre per la persona che comunque amano. Per gli uomini il meccanismo è diverso, richiede – se va bene – più tempo. Ziad Doueiri costruisce con giusta mano questo spazio di tempo, il tempo incalzante del tribunale e quello lento della presa di coscienza di Yasser e Toni. Interessante notare anche i mestieri dei due: uno capocantiere e l’altro meccanico. Professioni atte all’aggiustare, al mettere a posto, al risolvere, a stabilizzare. Per quanto il loro sia un aggiustare utilizzando il meglio che si può trovare in Libano: i prodotti esteri, tedeschi o italiani. A dispetto dei loro mestieri, Yasser e Toni non hanno nessuna intenzione di porre rimedi, ma anzi ne creano di nuovi lasciando che le loro parole siano articolazioni accusatorie reciproche e quindi senza nessuna apparente soluzione.

Ottima in tal senso la costruzione del film, Doueiri interseca il legal thriller alla necessità di guardare il passato e in special modo all’urgenza di condurre nel presente quelle parole che possono cambiare tutto, quelle parole che possono illuminare il futuro. Un passato ed un futuro che si confrontano anche a livello genitoriale.

The Insult sviluppa un evento piccolo (come accade anche in Under the Tree dell’islandese Hafsteinn Gunnar Sigurðsson) e lo esaspera, coinvolgendo e facendo riflettere allo stesso tempo. Oltre ai meriti di scrittura e regia, il film viene ulteriormente nobilitato dalle interpretazioni dei due contendenti, gli attori Adel Karam (con il suo personaggio rancoroso e arrabbiato) e Kamel El Basha (con un personaggio opposto in quanto più composto ma ugualmente rancoroso e arrabbiato), premiato con la coppa Volpi .

Distribuzione Lucky Red

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  • Anno: 2017
  • Durata: 112'
  • Distribuzione: Lucky Red
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Libano
  • Regia: Ziad Doueiri

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