Film da Vedere

L’arrivo di Wang dei Manetti Bros., con Ennio Fantastichini

I Manetti Bros. sono indiscutibilmente padroni del mezzo tecnico, che usano veramente bene, variegandosi in tagli e cambi di inquadrature, nei fuoricampo, nei fuori fuoco, in una fotografia dotata di forte personalità, in un dinamismo complessivo nel quale tutto fluidifica senza strozzamenti di alcun genere

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L’arrivo di Wang dei Manetti Bros

L’arrivo di Wang, un film di fantascienza italiano indipendente del 2011 scritto, prodotto e diretto dai Manetti Bros. (Antonio e Marco Manetti).

La giovane interprete di cinese Gaia è contattata per una traduzione urgente. In gran segreto, deve fare da tramite tra l’agente segreto Curti (Ennio Fantastichini), un uomo senza scrupoli, e un individuo chiamato da tutti signor Wang. Poiché l’interrogatorio viene condotto al buio, Gaia incontra notevoli difficoltà nel tradurre ma la scoperta delle motivazioni che hanno indotto all’assenza di luce cambierà per sempre la sua esistenza, trovandosi di fronte a qualcuno che ha poco di umano, proveniente direttamente da un altro pianeta e che non sembra avere intenzioni bellicose.

L’arrivo di Wang La recensione di Taxi Drivers  (Maria Cera)

I Manetti Bros con L’arrivo di Wang sono indiscutibilmente padroni del mezzo tecnico, che usano veramente bene, variegandosi in tagli e cambi di inquadrature, nei fuoricampo, nei fuori fuoco, in una fotografia dotata di forte personalità, in un dinamismo complessivo nel quale tutto fluidifica senza strozzamenti di alcun genere. C’è una tale armonia con il resto della porzione filmica, una pari attenzione alla sceneggiatura, ai dialoghi e alle caratterizzazioni dei personaggi, insieme all’impiego dell’elemento musicale, mai inutile o distratto, che pare siano scesi ‘da un altro pianeta’ rispetto a tanti colleghi italiani.

Preparatevi ad una insolita incursione nell’extraumano, con questo nuovo lavoro, sempre a modo loro, naturalmente. Sulla carta, una storia sciocca, talmente semplice da imbastire che andrebbero picchiati a sangue per quanto poco sforzo ci abbiano messo nel generarla. Ma se ci addentriamo bene nei dettagli, ci rendiamo conto che proprio semplice non lo è stato, pensarla e strutturarla come la vediamo. Friggiamo, divertiti, sulla sedia, e veniamo guidati (almeno io lo sono stata) verso un’illusione. Bello e riuscito gioco psicologico, L’arrivo di Wang. Un gioco attualissimo, intelligentemente non stereotipato nel confrontarsi con un concetto di “diverso” ormai privo di credibilità, perché troppo retoricizzato, nel bene e nel male: extracomunitario, omosessuale, pazzo, malato, anarchico, rivoluzionario…non avrebbe funzionato, non avrebbe dato la stessa potenza di significato ad un discorso attorno al pregiudizio. Mentre, un alieno… Sì, un alieno.

Andiamo per gradi. Gaia (ottimamente interpretata, anche con abile destrezza linguistica, da Francesca Cuttica) è una giovane traduttrice esperta in Cinese. Mentre è intenta a completare un lavoro di doppiaggio a casa, riceve una strana telefonata. Un vecchio committente le propone un lavoro di traduzione da prendere letteralmente al volo: entro mezz’ora. E ben pagato: 2000 euro. Tutto, però, è molto strano: data la tempestività del suo intervento, verrà addirittura prelevata a casa da una macchina, dove l’attende un certo signor Curti (un sapientemente logorato-iperresponsabilizzato Ennio Fantastichini).

Gaia, tentata dall’alto guadagno, dopo una leggera titubanza, accetta. In macchina, la stranezza continua ad ingigantirsi di particolari inquietanti: il signor Curti annuncia alla ragazza che, per la sua sicurezza, dovrà essere bendata. Gaia si fa più sospettosa, vorrebbe rinunciare a tutto, ma Curti la convince: la garanzia del tramite del committente che le ha procurato il lavoro, riesce a farle accettare questa inquietante procedura. La ragazza, Curti e il ‘bodyguard’ raggiungono un bunker sotterraneo. Gaia viene fatta sedere in una stanza e Curti le annuncia che, soprattutto per la sua sicurezza, il suo lavoro dovrà essere espletato continuando a rimanere bendata. Gaia si occuperà di tradurre le domande che Curti rivolgerà ad un ‘fantomatico’ signor Wang. Si comincia. Ma poco dopo, la tenuta ‘aggressiva’ delle domande e del tono di Curti le impediscono di continuare. La ragazza non ce la fa, non può condurre un’intervista che equivale ad un vero e proprio interrogatorio, con gli occhi coperti. Deve conoscere in volto colui al quale vengono indirizzate richieste in tono così rude e definitivo. Curti la ammonisce sulla irrevocabilità della decisione, e sul fatto che tale scelta potrebbe gravemente nuocere alla sua sicurezza. Ma Gaia è irremovibile. Via la benda. E con lo sguardo della ragazza, sbalordito e atterrito per l’imprevedibilità di ciò a cui assiste, arriva il primo spiazzamento. Il malavitoso presunto, l’orrido che avrebbe potuto celarsi dietro qualunque raffigurazione della mente umana, non riesce a prepararci all’immagine che ci compare davanti: il signor Wang è un alieno…! Ed un alieno che parla il Cinese…! Un essere piccolo, grigio, un incrocio tra E.t. ed un polipo, con una espressione innocente e benevola…l’essere più indifeso dell’universo…

Dalla traduzione e dalle domande, appuriamo che parla cinese perché lo studio extraterrestre degli umani aveva portato gli alieni a ritenere tale lingua la più diffusa del pianeta (altra e alta lungimiranza manettiana), ma da quando era atterrato (a Roma), l’alieno si era ben presto reso conto che le proprie previsioni si erano rivelate errate. Il gioco psicologico è già iniziato, e continua a comporsi sottilmente, tra l’aggressione sempre più fitta e pregiudizievole di Curti, che non accetta le risposte tranquille e scarne di Wang sul suo arrivo sulla Terra, sull’uso di un congegno di comunicazione portato con sé, su dove si fosse nascosto dopo essere stato scoperto dalla signora Amounike (donna di colore che incarna un multietnismo simpatico, verace e orgoglioso).

Più Curti incalza, più Wang risponde con estrema innocenza e benevolenza che era arrivato pacificamente sulla Terra, alla ricerca di uno scambio e un dialogo comune tra il suo popolo e gli umani. Gaia non riesce a non assorbire l’aggressione di cui è vittima Wang, e tenta in tutti i modi di convincere Curti ad evitare qualunque pregiudizio, ad interrompere quest’aggressione. Curti, schiacchiato da un altissimo e frustrante senso di responsabilità, continua a non dare tregua, ad incalzare l’alieno, fino a disporre l’ingresso di Falco e del suo apparecchio di scariche elettriche. Wang è sempre più vittima innocente e indifesa, il contrasto tra la ferocia di Curti e la passiva tenerezza di Wang fa sempre più breccia in noi e in Gaia. La ragazza deve fare qualcosa, non può permettere che il pregiudizio che macchia buona parte dell’umanità possa essere la prima ‘qualità’ che un alieno scopre a proposito degli abitanti della Terra

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