Prima di liquidarlo come versione alternativa, gratuita e non necessaria del celeberrimo Alien di Ridley Scott, per parlare di Life – Non oltrepassare il limite di Daniel Espinosa (Child 44 – Il bambino numero 44, Safe House – Nessuno è al sicuro) bisogna senz’altro partire dal titolo, laddove la profonda diversità di approccio che gli sceneggiatori, Rhett Reese e Paul Wernick, hanno assunto nei confronti della questione della – come direbbe gongolando il filosofo sloveno Slavoj Žižek – “Cosa venuta dallo spazio”, rispetto alla saga di culto inaugurata nel 1979, consiste nell’aver prediletto uno sguardo disincantato, adulto e scientifico. Se in Alien lo xenomorfo acquisiva inequivocabilmente una statura etica antagonista, giacché si faceva portatore di distruzione e morte, e il suo prolificare (Alien – Scontro finale di James Cameron) diveniva la metafora di una diffusione incontenibile del Male, in Life, invece, la vita aliena con cui si scontra l’equipaggio della Stazione Spaziale Internazionale (Jake Gyllenhaal, Rebecca Ferguson, Ryan Reynolds, Hiroyuki Sanada, Ariyon Bakare) non è stigmatizzata come un qualcosa di “radicalmente altro”, che appare improvvisamente seminando il terrore (che pure indubbiamente porta), piuttosto viene ricondotta assai più prosaicamente all’interno di un biologismo che, in linea con una lucida logica che vede nella conservazione della vita lo scopo primario, inibisce a priori qualsiasi tentativo di esprimere un giudizio morale sul suo agire.
Insomma, per semplificare, si può dire che nel film di Espinosa non assistiamo a ‘un’irruzione dall’esterno’, come avveniva nell’iconografia scottiana, ma anche in tanti altri lungometraggi di ben altra fisionomia: l’eccedenza della vita con cui si trovano a confrontarsi gli increduli astronauti non è un’alterità mostruosa, un Reale con cui repentinamente relazionarsi o nel quale sprofondare, ma qualcosa che viene, al contrario, ‘dal di dentro’, che è già da sempre presente in noi; un’ostinazione che costituisce la premessa imprescindibile della nostra condizione ontologica (in altre parole: l’istinto di conservazione. Žižek, mutuando Lacan, avrebbe usato il termine ‘lamella’). Assai significativa, poetica, ma al tempo stesso terribile, in tal senso, la sequenza in cui il dottor Hugh Derry (Ariyon Bakare ), il biologo di bordo, dopo aver subito un feroce attacco da parte della nuova vita giunta da Marte, parlando con i suoi colleghi, ridimensiona il gesto violento di cui è stato vittima, giustificandolo sulla base di un approccio razionale, attraverso cui coglie la sostanziale innocenza della creatura, la quale, evidentemente, non odia, ma vuole solo sopravvivere, e per far ciò è costretta ad aggredire qualsiasi essere incontri, per nutrirsi e svilupparsi (in questo senso anche Alien 4 – La clonazione di Jeunet aveva offerto uno sguardo compassionevole).
Detto ciò, l’altro valore aggiunto di Life è, senza alcun dubbio, la verosimiglianza della rappresentazione: per una volta tanto l’assenza di gravità non viene sospesa a fini spettacolari, ed anche gli ambienti interni della stazione spaziale sono quelli scomodi e non esteticamente accattivanti della realtà. Per non parlare, poi, dell’ottima fattura del film: dalle suggestive sequenze iniziali, con la macchina da presa che segue, fluttuando, gli spostamenti aerei dell’equipaggio all’interno dell’abitacolo, fino alla sconvolgente scena in cui assistiamo al primo violento attacco sferrato dalla forma di vita aliena (e qui Espinosa ci regala alcuni sublimi minuti).
Il cast è quello delle grandi occasioni: Jake Gyllenhaal, Rebecca Ferguson, Ryan Reynolds, Hiroyuki Sanada, Ariyon Bakare. Un motivo in più per non lasciarsi sfuggire un film che, siamo certi, non vi deluderà.
Distribuito da Sony Pictures, Life – Non oltrepassare il limite è disponibilein dvd, in formato 2.39:1 con audio in italiano, inglese, francese, spagnolo e tedesco e sottotitoli in diverse lingue opzionabili. Nei contenuti speciali: Scene Eleminate; Terrore claustrofobico: creare un thriller nello spazio; Life: in assenza di peso; L’arte e la realtà di Calvin; Diari degli austronauti.