Nato a New York nel 1916 e scomparso a Santa Monica settantacinque anni più tardi, Irwin Allen rientra, senza alcun dubbio, nello stuolo di nomi della Settima arte d’oltreoceano che hanno saputo lasciare un segno nell’ambito del cosiddetto filone catastrofico, denominato disaster movie dagli americani.
Del resto, non solo, come regista, regalò al pubblico l’invasione di api di Swarm – Lo sciame che uccide, ma produsse tra il 1972 e il 1974 L’avventura del Poseidon di Ronald Neame e L’inferno di cristallo di John Guillermin, prima ancora di finanziare nel 1976 il televisivo Inondazione, diretto dallo stesso Earl Bellamy che, sempre al suo servizio, si occupò l’anno successivo anche di un’altra operazione destinata al piccolo schermo: Il colosso di fuoco.
Operazione che, come il titolo lascia intuire, si concentra su un incendio sviluppatosi in una prigione dell’Oregon e rapidamente estesosi all’intero circondario, fino a minacciare di distruggere il villaggio di Silverton.
Ma, più che sugli effetti pirotecnici, comunque presenti, è sui diversi protagonisti che poggia la oltre ora e mezza di visione, finalizzata chiaramente ad inscenare una disperata lotta impari tra uomo e natura che arriva, però, a mettere in luce le migliori qualità degli individui coinvolti.
Tra bambini in pericolo, detenuti in cerca di fuga e un notevole cast comprendente, tra gli altri, il vincitore del premio Oscar Ernest Borgnine, Vera”Psycho”Miles, Patty Duke e l’Erik Estrada conosciuto soprattutto per aver concesso anima e corpo all’agente Frank Poncherello nella popolare serie tv Chips.
Una pellicola finita del dimenticatoio e che è l’attivissima Sinister Film (www.cgentertainment.it) a rendere disponibile su supporto dvd con galleria fotografica nella sezione extra, come pure L’uomo che uccideva a sangue freddo, co-produzione tra Francia e Italia firmata dall’Alain Jessua poi autore di Frankenstein 90 e I colori del diavolo.
Co-produzione risalente al 1973 e la cui frase di lancio, curiosamente, pare che fu all’epoca “La prima volta di Alain Delon nudo”, in quanto è proprio senza indumenti che appare l’ex Rocco viscontiano in una sequenza del lungometraggio.
L’ex Rocco che veste in questo caso i panni del direttore di una esclusiva clinica specializzata nel ringiovanimento dei tessuti e alle cui cure si sottopone una affermata manager reduce da una crisi sentimentale che l’ha prostrata nel fisico e nello spirito.
Donna cui concede anima e corpo una ottima Annie Girardot e che intreccia con lui una relazione, pur mantenendo un certo distacco perché turbata da alcuni tragici avvenimenti che, inspiegabilmente, colpiscono inservienti e pazienti.
Fino alla scoperta di una macabra verità, nel corso di un elaborato che, tra fantamedicina e paranoia, fa delle performance degli attori il proprio punto di forza; ponendo in secondo piano la tensione e lasciando individuare una certa originalità nella scelta di apparire in qualità di denuncia in fotogrammi rivolta alla classe dirigente ed allo sfruttamento degli immigrati.
Con un’atmosfera sufficientemente inquietante ed un campionario di fanciulle generosamente svestite, per la gioia degli spettatori maschi.