Le trasposizioni dal romanzo breve Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde (1886) dello scrittore scozzese Robert Louis Stevenson hanno avuto grande fortuna al cinema, da sempre attratto dalle potenzialità drammaturgiche del celebre testo, a partire dalle prime pellicole datate 1908. Madame Hyde del francese Serge Bozon non è che l’ultimissima trasposizione in ordine di tempo sul grande schermo, ospitata in concorso al Festival di Locarno.
Il regista francese, di buoni studi, attore e un tempo critico cinematografico, si allontana enormemente sia dalla fonte letteraria sia da quelle cinematografiche – ricordiamo le più famose di Rouben Mamoulian del ’31; la versione di Victor Fleming del ’41 con Spencer Tracy; e poi ancora le opere di Terence Fisher (1960), Jean Renoir (1961), Walerian Borowczyk (1980), Stephen Frears (1995) – realizzandone una versione in cui l’elemento politico-sociale è preponderante.
Serge Bozon in Madame Hyde trasforma il dottor Jekyll nella professoressa Géquil che insegna fisica in un liceo professionale della provincia, composto da ragazzi per lo più figli di immigrati magrebini e africani. La Géquil è costantemente presa di mira dal preside, dai colleghi e derisa dai suoi alunni che la ritengono un’incapace come insegnante. Oltretutto anche un alunno con un handicap fisico, che lei tenta di aiutare, è il personaggio che più la contraddice in pubblico, umiliandola in tutti i modi, come una rivalsa per la sua condizione fisica e sociale. Ma la Géquil si trasforma ben presto in Madame Hyde a causa di un fulmine che colpisce la scuola una sera, mentre lei esegue un esperimento elettrico nel laboratorio. La trasformazione in questo caso consiste in una ritrovata energia nelle ore diurne e nella mutazione in una sorta di torcia umana ambulante in quelle notturne, con tutti gli accidenti del caso.
La rielaborazione al femminile di Bozon è evidente, così come la condizione femminile sia una situazione ancora precaria nel mondo del lavoro. Ma soprattutto la rappresentazione della scuola con i suoi tic, le nevrosi, i controsensi, prendono vita. Madame Hyde vuole essere così una sorta di pamphlet contro una società in cui le differenze di classi – scolastiche e non – si sentono e si vedono, eccome, in tutti i sensi.
Serge Bozon con Madame Hyde scientemente mette in scena un’opera che richiama la Nouvelle Vague, in cui la grammatica cinematografica è stravolta – dove le inquadrature sono scorrette e non si notano differenze nella messa in quadro; i dialoghi sono surreali oppure utilizzano un linguaggio scientifico per parlare dei massimi sistemi a giovani sbalorditi; i personaggi sono grotteschi – come il preside stupido oppure il marito della Géquil che, nel ribaltamento dei ruoli, è un casalingo e la sua unica preoccupazione è quello di preparare i pranzetti facendo i verso allo stereotipo della “brava mogliettina”. Il tutto in un tono sempre sopra le righe con uno stile scarno, parco, elementare.
Peccato però che tutto questo sforzo renda Madame Hyde un film freddo, noioso, fin troppo costruito – oltretutto a volte viene in mente il liceo di Bianca di Nanni Moretti – e le potenzialità delle idee del regista francese implodono in una messa in scena stucchevole e compiaciuta. In questa débâcle, constatiamo con dispiacere, è inghiottita anche l’interpretazione di una grandissima attrice come Isabelle Huppert che presta il suo volto alla professoressa Gèquil, in una performance al di sotto dei suoi ultimi film.