Film da Vedere

L’esercito delle 12 scimmie di Terry Gilliam

L’esercito delle 12 scimmie è un racconto fantastico, screziato d’ironia, ma che presenta questioni gravose e aumenta via via di spessore drammatico, per arrivare a un finale sconcertante, ma non del tutto pessimista

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L’esercito delle 12 scimmie, un film del 1995 diretto da Terry Gilliam, prodotto da Charles Roven e sceneggiato da David Webb e Janet Peoples. È stato liberamente ispirato al film La jetée, di Chris Marker, cortometraggio sperimentale francese del 1962. Il film consiste in una storia di fantascienza post-apocalittica. L’esercito delle 12 scimmie è il sesto film di Gilliam. Prodotto con uno stanziamento di 29,5 milioni di dollari statunitensi, ha avuto vari elogi da parte della critica e ha incassato circa 169 milioni in tutto il mondo.

Nel 2035 i sopravvissuti del genere umano abitano in un mondo sotterraneo. Il novantanove per cento della popolazione non esiste più e la superficie terrestre è ormai inabitabile, dopo la terribile epidemia del 1996. Mentre la sopravvivenza è sempre più precaria, un gruppo di scienziati cerca di realizzare l’ultima speranza: viaggiare indietro nel tempo e recuperare le risorse del passato per salvare il futuro.

Forse l’umanità non merita una sorte migliore…“, farfuglia un ammaccato, allucinato Bruce Willis, osservando un filmato sulla vivisezione. Immaginando un mondo quasi privato della razza umana da un virus che ha fatto si che la fauna in genere si sia ripresa la padronanza dell’ambiente, lo sceneggiatore David Webb Peoples (Blade runner, Gli spietati) ha fornito a Terry Gilliam materiale per una visionaria riflessione sul futuro, il presente, la follia distruttiva dell’uomo, la scansione del tempo e l’interpretazione del cinema. Film assai complicato anche da raccontare, L’esercito delle 12 scimmie è un racconto fantastico, screziato d’ironia, ma che presenta questioni gravose e aumenta via via di spessore drammatico, per arrivare a un finale sconcertante, ma non del tutto pessimista. Occhi che guardano morire il proprio corpo, anche se di un altro, quando, in una scena che magari non avverrà mai, se paradossalmente il futuro verrà cambiato. Willis è bravo nel rappresentare un energumeno rasato, forse pazzo, forse semplicemente molto confuso; la Stowe è bellissima e tiene bene la tensione della situazione; Pitt fa il mattocchio, ma forse esagera con le smorfie: è c’è pure il tempo di fare una netta citazione hitchcockiana.

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