Casotto, un film del 1977, diretto da Sergio Citti con Jodie Foster, Ugo Tognazzi, Gigi Proietti, Franco Citti, Catherine Deneuve, Mariangela Melato, Michele Placido e Paolo Stoppa.
Durante una calda domenica d’agosto, una spaziosa cabina collettiva sulla spiaggia libera di Ostia è occupata a turno da diversi personaggi. Una squadra femminile di pallacanestro guidata da un allenatore dal piglio marziale, un solitario sacerdote inglese e due amici imbranati che cercano di concludere con due ragazze appena conosciute. Si aggiungono due sorelle che tentano di sedurre un austero funzionario delle assicurazioni; una coppia di amanti che ha scelto quel luogo per poter consumare il primo rapporto d’amore; due soldati di leva patiti di cultura fisica e una coppia di anziani con una giovane nipote incinta, Teresina, cui tentano di imputare la paternità a un suo sprovveduto cugino abruzzese. Circondati da varia umanità di cui tutti sono parte integrante e cosciente, i protagonisti cercano di risolvere i propri problemi o di raggiungere i propri scopi, illudendosi di piegare la realtà alla propria personale visione delle cose. Lontano dalla vita di tutti i giorni, in quella parentesi festiva c’è il tempo di studiare e mettere in atto mosse e contromosse fantasiose, che non potranno comunque cambiare gli esiti. La fine della giornata è scandita da un violento ed improvviso acquazzone che costringe tutti ad un frettoloso ritorno in città.
Il cinema di Citti è sempre basico, fondato sulle necessità e difficoltà di soddisfare i nostri bisogni primari. Casotto è il film dell’impossibilità di dare sfogo ai nostri appetiti sessuali in un luogo che non è nè privato nè pubblico. La cabina dove ci si spoglia per poter andare al mare con il vestito adatto resta chiusa agli estranei non per sempre ma solo per il tempo necessario a poterci presentare in spiaggia. Il casotto è una specie di posto sospeso che sta tra la vita di tutti i giorni e la voglia di mare, il lavoro e la vacanza, tra l’essere vestiti e essere quasi nudi. La cabina è condivisa da una varia umanità che se può essere usata per fare cose che in pubblico non si possono fare, non può essere usata per fare cose che si devono fare in privato. Il regista chiarisce subito quello che non vedremo in questo film: lo spogliarello interrotto delle ragazze davanti al proprio allenatore che ha occupato la cabina sbagliata insieme al membro anormale del prete ci dice che assisteremo, ovviamente, a nudi umani, ma non vedremo questi stessi corpi in atti sessuali o di voyerismo. Quasi tutti ci provano, ma nessuno dentro il casotto riesce a fare sesso, i militari- culturisti pensano sempre ai muscoli, i vitelloni di borgata si vergognano dei loro piedi, la famigliola provinciale deve trovare una sistemazione per la nipote incinta e senza marito, la coppietta di parrucchieri viene interrotta sempre prima di concludere e l’assicuratore onesto e casto non vuole cedere alle lusinghe erotiche delle due spregiudicate donne disposte quasi a tutto per i soldi dell’assicurazione. Film semplice e geniale nel farci vedere il lato invisibile di un popolo piccolo-borghese che cerca di divertirsi ma che prova che cane mangia cane non è sempre una metafora. Fuori e dentro si confondono e ci confondono e la promiscuità non fa comunità.
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