La sensazione è rimasta nettamente quella degli anni passati: giunti alla finale della terza edizione del festival della commedia italiana a Sabaudia la malinconia per la chiusura dei battenti l’ ha fatta sempre da padrona. Ormai è proprio desiderata, tra la popolazione stanziale e tra quella villeggiante, questa manifestazione. La speranza di tutti è quindi che la manifestazione resti in uno stato di permanenza anche per gli anni a venire. Dal palco il sindaco della città, Giada Gervasi intanto ha rinnovato questa speranza dicendo: “… già da domani inizieremo i lavori per preparare al meglio la prossima edizione del SabaudiaFilmCommedia …”, e gli applausi in questo senso si sono fatti davvero scroscianti. Nonostante l’avvisaglia di pioggia imminente, la piazza sabato sera ha risposto come sempre: gremita in ogni ordine di posti. Ricky Tognazzi, direttore artistico della manifestazione, insieme a Simona Izzo,orgoglioso alquanto del giocattolo ormai messo a puntino, era raggiante. Le parole del sindaco sono restate un autentico toccasana (abbiamo intravisto, confuso tra gli spettatori, quasi la fierezza sul suo viso, proprio in una dimensione rilassata) anche per Luigi Tivelli, l’imprenditore culturale che del SabaudiaFilmCommedia è il presidente. Questi nove giorni, 8-15 luglio, sono stati proprio una toccata e fuga, e già dal tramonto, quando sapevi insomma che, da lì a poche ore, tutto sarebbe ancora una volta scomparso, quando già potevi immaginare in essere, quasi, i lavoratori pronti per smantellare l’apparato scenografico innalzato e che aveva incorniciato l’intero comprensorio della zona del comune, la malinconia era diventata davvero tanta. Perché tutto in questi giorni ha portato alla festa, alla terza edizione del SabaudiaFilmFest, una festa che ha, come dire, proprio “costretto”, finalmente, quei volti familiari, che eppure hanno sempre vissuto Sabaudia da anni, ma sempre come dire, isolati, rifugiati, rilassati dentro le loro ville sulle dune, a partecipare. Nei giorni del festival li abbiamo visti vivere finalmente la cittadina, comunicare con gli abitanti, sottoporsi ben volentieri ai selfie e agli autografi che venivano loro richiesti, e soddisfare pure qualche legittima curiosità.
Una scommessa ormai certamente vinta per la città di Sabaudia, insomma, il SabaudiaFilmCommedia ha stabilito inequivocabilmente la sua propensione, anzi ha stabilito la sua identità e quella del suo pubblico, che conferma in pieno l’amore e la voglia per il cinema, e proprio per la commedia italiana. E le commedie presentate quest’anno, seppur prive in larga parte della loro vocazione storica, senza tracce beninteso del peso specifico della tragedia, erano alquanto deliziose, alcune fragili in verità, inutile adesso sottolineare i titoli, ma comunque tutte oltre la soglia della dignità. Anche il film promosso dalla giuria, presieduta dal regista Paolo Genovese, L’era legale di Ficarra e Picone, ha mantenuto tali connotati. E non è poco in questo preciso contesto economico in cui versa il cinema italiano. Ed il pubblico ha risposto sempre numeroso e contento di stare in piazza: era quello che gli organizzatori soprattutto cercavano. Ed in questo senso è stato un pubblico che ha sottolineato una tendenza, quella di Sabaudia cittadina dalla forte vocazione semplicemente cinematografica, una vocazione in fondo che risale addirittura agli anni trenta. Già in quegli anni, infatti, Sabaudia prestava i suoi prosceni naturali ad un kolossal come Scipione l’africano e, negli anni quaranta, ad un film di avventure come I pirati della Malesia di Enrico Guazzon, per continuare poi, negli anni cinquanta e sessanta, proprio negli anni della migliore commedia all’italiana, a consolidare sempre più il suo legame con Cinecittà; solo qualche titolo per testimoniare: Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, Divorzio all’italiana di Pietro Germi, Genitori in blue jeans di Camillo Mastrocinque, La voglia matta di Luciano Salce, Straziami ma di baci saziami di Dino Risi, Amore mio aiutami di Alberto Sordi, per continuare ancora negli anni settanta con, sempre qualche titolo per testimoniare, Per grazia ricevuta di Nino Manfredi, Film d’amore e d’anarchia di Lina Wertmuller, La vergine, il toro e il capricorno di Luciano Martino, fino ad arrivare ai giorni nostri con, solo qualche titolo, Il mio miglior nemico di Carlo Verdone, Non ti muovere di Sergio Castellitto, Il caimano di Nanni Moretti, Immaturi di Paolo Genovese.
Il momento di commozione, davvero intenso, si è raggiunto quando, sul palco sono stati chiamati, per testimoniare la presenza, che è stata fortissima e molto amata nel cinema italiano, degli scomparsi Bud Spencer, Paolo Villaggio e Monica Scattini. Christian De Sica, nel ricevere dalle mani di Cristiana e Giuseppe Pedersoli, figli di Bud, il premio che ricordava la carriera, la simpatia e la familiarità del mitico “eroe delle sberle” Bud Spencer, ha avuto parole soprattutto di rigorosa felicità nel ricevere questa prima edizione del premio, un’ambitissima scultura creata da Cristiana Pedersoli e raffigurante l’innalzare di una fulgida pellicola, proprio il modo di ricordare, in maniera trionfante, in tempi anche di discussi digitali, l’epoca di un cinema fatto esclusivamente con la pellicola. Il premio invece dedicato a Paolo Villaggio, consegnato dalla figlia del mitico ragioniere Ugo Fantozzi Elisabetta Villaggio (certamente Ugo Fantozzi rimane ancora oggi l’ultima grande maschera “tragicamente comica” creata dal cinema italiano), è andato al bravo attore dei caratteri Leo Gullotta, uno degli ultimi attori italiani che ha avuto la “fortuna” di poter fare “consolidare o esprimere” i talenti degli attori protagonisti. Questo, come ripeteva sempre uno dei colonnelli della commedia all’italiana, Nino Manfredi, era, in fondo “ … il delicato ruolo dell’attore dei caratteri …”. Diceva ancora Mario Monicelli: “… un film è sempre più bello quando il ruolo più studiato, più ricercato, più sottolineato dagli sceneggiatori e dal regista è quello degli attori dei caratteri, che lavorano, lavorano tanto per dare esclusivamente il tono giusto, e la fama, all’attore protagonista …”.
Ed è un premio creato, e che viene ritirato, noi possiamo aggiungere, proprio nel tempo in cui il cinema italiano non dedica più spazio, e durante la scrittura di un copione, e durante la realizzazione di un casting, per la selezione e per la scelta precisa dei caratteristi più adatti. Forse il cinema italiano di oggi, e soprattutto gli autori delle nuove commedie italiane ritengono ormai superato, in tempi di assolute velocità, questo necessario (non se ne dovrebbe proprio fare a meno) sforzo creativo e produttivo. Perché anche Paolo Villaggio, anzi il suo ragionier Ugo Fantozzi, come si sarebbe mosso, come sarebbe cresciuto, senza gli accorgimenti, le coperture, i rilanci, i prosegui, i lazzi di Gigi Reder, di Anna Mazzamauro, di Giuseppe Anatrelli, di Riccardo Garrone? Ed il premio dedicato a Monica Scattini, grazie al SabaudiaFilmCommedia che ha avuto il pensiero, onesto e sincero, di realizzare (proprio questa verità ci vuole ancora una volta ricordare e fare sapere). Perché proprio Monica Scattini, così come Leo Gullotta, è rimasta una delle ultime realtà professionali, attoriali, di questo tipo, esempio concreto anche di un cinema italiano ormai lontano nel tempo. Infine la splendida Giuliana De Sio, sempre bellissima nonostante gli anni siano passati, chiamata appunto a ritirare il premio “Monica Scattini”; e la De Sio la ricordiamo proprio con le lacrime agli occhi, ed il cuore davvero in tumulto, in film quali Io Chiara e lo Scuro di Maurizio Ponzi e Francesco Nuti, di Scusate il ritardo di Massimo Troisi, di Uno scandalo per bene di Pasquale Festa Campanile, di Speriamo che sia femmina di Mario Monicelli, di Cattiva di Carlo Lizzani. E bastano semplicemente questi cinque titoli per descriverne l’immensa filmografia e poi l’assoluta verità del premio Monica Scattini: un premio che finalmente tende a riconoscere al ruolo dell’attore caratterista l’effettiva statura professionale, l’effettiva qualità, decisamente poco menzionata, nella scala dei ricordi e nella grammatica industriale delle professionalità del cinema. E la verità è stata proprio l’idea di fare consegnare il premio di un protagonista, Paolo Villaggio, ad un caratterista, Leo Gullotta, ed il premio di una caratterista, Monica Scattini, ad una attrice sempre decisamente protagonista, Giuliana De Sio. Grazie davvero Sabaudia.