Se sei vivo spara, un film del 1967, diretto da Giulio Questi e scritto da Franco Arcalli. È considerato uno dei più violenti e stranianti spaghetti-western prodotti in Italia. Il film è una sorta di esperimento, ed è pieno di immagini violente e scioccanti come lo scotennamento di un indiano, il ventre di un uomo scuoiato per recuperare una pallottola d’oro e un gruppo di cavalli sventrati da una bomba. Le immagini estremamente violente sono, a detta del regista, un rimando alle reali violenze vissute durante l’esperienza fatta nella Resistenza italiana.
Dopo una rapina, Hermano viene tradito dai suoi compari americani ma sopravvive. Parte alla ricerca della refurtiva ma è destinato a incontrare cowboy sempre più avidi e spietati.
Se sei vivo spara, più tardi rititolato Oro Hondo, è un riuscito spaghetti western molto sui generis. A una trama prettamente western, basata sulla spasmodica ricerca di accaparrarsi un favoloso bottino, si affiancano ambientazioni che sembrano uscire dal Manoscritto trovato a Saragozza di Potocki (pertinente la citazione di Marco Giusti, ispirata dai campi lunghi con gli impiccati penzolanti dalla forca sullo sfondo) o da certi racconti di Kafka, pullulanti di villani apparentemente innocui, ma in realtà infidi ed inquietanti (un’atmosfera del genere saprà renderla alla perfezione Walter Hill nel finale dei “Guerrieri della palude silenziosa”). La violenza, in questo western post-djanghiano – all’estero il film fu rititolato Django Kills! -, è talmente esibita da risultare iperrealista ed allucinata: restano nella memoria le prime impiccagioni, da antologia del cinema, e quella sorta di operazione chirurgica – in realtà bassa macelleria – che dovrebbe servire a tenere in vita il povero Oaks, ferito a morte da Hermano, ma che si trasforma in una gara ad estrarre a mani nude i proiettili dal corpo del malcapitato, una volta che gli avidi cowboys si rendono conto che il capobanda non è stato riempito di piombo, ma d’oro. Quasi quarant’anni prima di Brokeback Mountain (2005), inoltre, viene mostrata una banda di malviventi omosessuali, in divisa neroargentata alla Village People, che cercano di violentare in gruppo un ragazzino, interpretato dal giovanissimo e biondo Ray Lovelock. Oltre all’attore angloitaliano, si apprezza, una volta di più, Tomas Milian, e un cast di attori spagnoli tutti funzionali. Va detto, però, che il merito della riuscita del film va innanzitutto allo sceneggiatore Arcalli e al regista Giulio Questi (nato a Bergamo nel 1924), che, a dispetto di un talento qui evidentissimo, ha girato pochissimo, e il cui ultimo film per il grande schermo, Arcana, risale a trentacinque anni fa.