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Spiderman Homecoming: l’Uomo Ragno torna a casa, ma come è cambiato il personaggio dopo sei film?

Un altro film? Ma non era già uscito? E soprattutto, non era Tobey Maguire a interpretare l’Uomo Ragno? Ebbene, se vi sentite un po’ storditi da ciò che sta accadendo in casa Marvel o non avete avuto modo di seguire la diatriba tra la Marvel Studios e la Sony, questo è l’articolo che fa al caso vostro.

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Sono infatti ben 6 i film dedicati all’amichevole Spiderman di quartiere, usciti nelle sale cinematografiche sempre accompagnati dalla donna della Columbia Pictures che, con la torcia folgorante alzata verso l’alto, ci avverte che sta per iniziare lo spettacolo. Senza contare poi l’epica e folle trasposizione della Toei Animation Supaidaman del 1978 e la web serie parodia Italian Spiderman, con al centro una versione stereotipata dell’Uomo Ragno dai lunghi capelli castani, dai folti baffi e munito di una forza sovraumana, nonostante la pancia abbondante a dimostrare l’esatto contrario.

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Dunque se vi siete persi per strada, è necessario dunque partire dalle origini. È il 2002 quando esce per la prima volta nelle sale il primo capitolo della trilogia di Sam Raimi, con protagonisti Tobey Maguire nella parte del giovane Peter Parker, Kristen Dunst nei panni della rossa Mary Jane, e James Franco nelle vesti di Harry, figlio dello scienziato della Oscorp Norman Osborne, interpretato dal maligno Williem Dafoe. Spiderman è un successo incredibile, nonostante si comincino ora a intravedere i segni del tempo per quanto riguarda l’uso degli effetti digitali, che in questi anni ha raggiunto un livello di realismo senza precedenti.

Tuttavia è con il secondo che Sam Raimi ottiene un ottimo connubio tra l’analisi psicologica dei suoi personaggi e l’efficacia nella struttura narrativa, raggiungendo il culmine in quella famosa sequenza all’interno metropolitana in piena corsa. Peter deve dividersi tra la vita sregolata del supereroe e quella reale, ordinaria, dove per tutti rappresenta un ragazzo semplice e sveglio. Non solo si trova un nemico da combattere, come il professor Octopus, ma nella quotidianità si ritrova improvvisamente isolato, senza MJ, per la quale prova qualcosa sin da quando era piccolo, e soprattutto senza il suo amico più fidato, Harry, che prova rancore verso Spiderman.

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Il terzo capitolo, purtroppo, non è stato all’altezza di quanto visto in precedenza, anche a causa di scontri tra la produzione e il regista, e il risultato è visibile dallo squilibrio narrativo e dall’eccesso di personaggi presenti nella storia. I villain sono stati gestiti in maniera del tutto sconclusionata e senza un valido approfondimento, dalla presenza dell’Uomo Sabbia a quella di Venom, che per essere trattato in maniera completa la Sony ha pensato seriamente di creare un film appositamente dedicato al simbionte.

Come se non bastasse, per complicare ulteriormente il racconto, Peter deve affrontare anche il suo alter-ego malvagio sotto forma di Uomo Ragno con la tuta nero carbone, con una caratterizzazione a dir poco fastidiosa e patetica (l’esempio forse più rappresentativo della disfatta è quella sequenza musicale nel bar newyorkese nella quale il perfido Parker, sotto il controllo dell’alieno, si prende gioco della povera Mary Jane). Nonostante ciò, il botteghino premia la Sony, che è decisa più che mai a continuare l’esperienza con Raimi per un quarto capitolo visto il successo in termini economici.

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Il proverbio “squadra che vince non si cambia” non ha purtroppo avuto effetto sulla formazione di Raimi, viste le discordanze ormai divenute palesi tra la produzione e il cast che rendono impossibile una continuazione della saga. La soluzione è di andare verso un vero e proprio reboot, cambiando l’intera rosa e l’allenatore. Via Raimi, Maguire, Dunst, entra Marc Webb, Andrew Garfield ed Emma Stone. Oltre ai protagonisti, in The Amazing Spiderman ci sono notevoli differenze rispetto alla precedente saga. Il personaggio di Peter Parker inizia ad avere un tono più vicino al fumetto originale, esaltando le sue capacità di creare strumenti altamente tecnologici. Uno degli esempi è il lancia ragnatele, che nella storia descritta da Raimi non viene inventato dal ragazzo, ma è direttamente riprodotto dal suo stesso corpo dopo la mutazione, scatenando non poche polemiche tra i fan del racconto su vignetta.

Altro aspetto è il rapporto con Gwen Stacy, che risulta essere la sua prima fiamma nella storia ideata da Stan Lee, mentre nella prima trasposizione compare solo nel terzo lungometraggio, quando la crisi tra Peter e MJ è ormai evidente. Webb decide quindi di seguire fedelmente alcune scelte del fumetto, riproponendo nuovamente le origini dell’Uomo Ragno e cercando in particolare di aggiungere alcuni riferimenti sui genitori del ragazzo, che nel racconto cinematografico del regista de La Casa sono sostituiti dal rapporto instaurato con gli zii.

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Anche in The Amazing Spiderman il ruolo dei tutori di Peter, la zia May e lo zio Ben, è trattato con estrema delicatezza, ma ciò che il regista ha in mente è di ricollegare il passato dei genitori con il presente della Oscorp, che in questa storia si trova in una posizione centrale nell’universo narrativo di Spidey. Qui escono fuori i villain che Spiderman dovrà sfidare, da Lizard a Electro, con chiari riferimenti ai Sinistri Sei. Inoltre nella sede lavora Gwen Stacy, ma il fatto eclatante è che la Oscorp raffigura l’emblema dove tutti i mali hanno inizio, a partite dalle vicende che coinvolgono la famiglia di Peter Parker.

Anche questa saga ha imboccato la stessa strada tortuosa del terzo episodio di Raimi, portando sullo schermo troppi nemici che, inevitabilmente, non hanno saputo veramente imporsi. L’unica differenza è stata, tuttavia, la sostanziale distanza del pubblico cinematografico, che non ha voluto dare fiducia a questa seconda trasposizione dell’Uomo Ragno, che possiede comunque i pregi e i difetti di un qualunque lungometraggio dedicato ai supereroi.

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Dopo questo piccolo excursus, ci si avvicina al presente. Dopo un braccio di ferro tra Marvel Studios e Sony, alla fine si è arrivati a un compromesso storico tra le due case: Spiderman può tornare tra i suoi simili, ma a patto che la distribuzione permanga al primo proprietario dei diritti. La sua prima comparsa è stata durante Captain America: Civil War, combattendo nelle fila di Iron Man. Tornando da Berlino, Peter Parker, interpretato da Tom Holland, è ormai certo di far parte degli Avengers, avendo incontrato tutta la squadra al completo. Peccato che sia un’adolescente, con tutti i problemi che quest’età si porta appresso. La prima, abissale, distanza con il fumetto e con i due racconti portati sullo schermo da Sam Raimi e Marc Webb è sin da subito la creazione del costume, che in Spiderman: Homecoming gli viene donato dal filantropo Tony Stark. Non è solo una tuta in calzamaglia, ma è un sistema intelligente alla pari di J.A.R.V.I.S, ma dalla voce femminile (nel film il ragazzino decide di chiamarla Karen).

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Il regista Jon Watts, vista la vicinanza con il recente reboot e l’introduzione già avvenuta nel MCU, decide di non illustrare le sue origini. Il pubblico è ignaro di come è avvenuta la trasformazione (viene solamente citato a voce da Holland in una sequenza del film), così come non conosce né la scomparsa dei genitori di Peter, né dello zio Ben. Un’altra presa di distanza dell’autore è lo stile: non c’è alcuna tonalità cupa come è tipica nel cinema di Raimi (che in Spiderman ha saputo orchestrare al meglio note più vicine all’horror mantenendo comunque l’umorismo del fumetto) e come è stato mostrato anche nella regia di Webb. Qui l’obiettivo è un altro, ed è proprio quello di riprodurre la forma originale e fedele della storia, orientandosi verso una narrazione pop e più vicina alle giovani generazioni.

Via le frasi d’effetto come “da un grande potere deriva una grande responsabilità”, perché ciò che si rappresenta è la vita studentesca, con le feste private, le sfide tra scuole, le nauseanti lezioni di educazione fisica che i nerd non digeriscono per niente. È proprio in questo contesto che si sviluppa l’odierno Uomo Ragno, in una società in perenne trasformazione, nell’era di Internet, degli smartphone e degli improvvisi attacchi alieni che hanno cambiato la percezione della realtà. Qui c’è un Peter Parker intelligente, scaltro (come del resto lo sono sia Maguire che Garfield), ma è soprattutto un ragazzo ribelle, come citato nel film con alcune sequenze omaggio a John Huges e alle sue commedie Breakfast Club e Una pazza giornata di vacanza, con Peter che corre accompagnato da una colonna sonora che passa da Yello ai Ramones. Questo piccolo particolare è riuscito a garantire freschezza e originalità a questa nuova vita di Spiderman, che deve ancora crescere e comprendere, come è giusto che sia, onori e oneri di un potere utile alla comunità, ma che comporta delle scelte drastiche e irreversibili.

E voi, quale personaggio vi ha più convinto?

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