Un rullio prima flebile e poi crescente di batteria apre, sullo sfondo nero di uno schermo ancora privo di immagini, Whiplash, il primo, entusiasmante lungometraggio di Damien Chazelle, l’acclamato autore di La La Land. Un suggerimento non residuale, questo fornito dal regista, laddove si invita chiaramente lo spettatore a concentrarsi sull’ascolto a discapito della vista, violando, evidentemente, le modalità di fruizione che più contraddistinguono lo specifico cinematografico. Non è davvero poco, giacché la musica, assoluta protagonista del film, è, seguendola lezione del giovane Nietzsche de La nascita della tragedia, “un riflesso immediato della realtà”, e quindi giunge in maniera diretta a chi ne è destinatario, senza passare, e questo è il punto decisivo, attraverso la rappresentazione, che invece vincola le altri arti figurative, plastiche e, in generale, visive. Si potrebbero chiudere spesso gli occhi durante la proiezione di Whiplash, e non per questo perdere qualcosa. Il fatto, poi, che lo strumento scelto sia la batteria, ovvero l’ossatura ritmica di qualunque melodia, rende ancora più chiara l’idea di quanto si sia voluto retrocedere a una dimensione essenziale, prima ancora che intervenga una surcodificazione che simbolizzi (la rappresentazione). Rimanendo fedeli fino in fondo a questo ragionamento, non è azzardato affermare che Whiplash più che un film sia un’esperienza da farsi, che, a rigore, non potrebbe neanche essere riferita successivamente, proprio perché mancano quegli appigli simbolici necessari a storicizzare, a trasformare ciò di cui si è stati spettatori in un racconto da narrare.
Già questa notevole premessa, basterebbe a decretare l’inoppugnabile bontà dell’opera prima di Chazelle (senza contare poi la bellezza della musica jazz che dall’inizio alla fine del film avvolge l’udito); ad impreziosire ulteriormente il quadro (e qui è concesso allo spettatore di riaprire gli occhi) interviene l’interessante articolazione del rapporto maestro-discepolo messo in scena: Terence Fletcher (un incisivo J. K. Simmons, giustamente premiato con l’Oscar per la sua interpretazione) e Andrew Neiman (un Miles Teller con la faccia impietrita) intrattengono una relazione che è si, in un certo senso, sadomasochistica, ma soprattutto necessaria a svelare ‘un segreto’: la regola che il maestro dovrebbe insegnare e il discepolo apprendere in realtà non esiste in precedenza, è solo attraverso la dialettica che si instaura tra i due che può emergere ciò che è celato ad entrambi. In questo senso, è emblematico il dialogo della sequenza in cui li vediamo ritrovarsi, dopo un turbolento alterco, in un club. Spogliatosi della maschera burbera che fino a quel momento lo aveva nettamente contraddistinto, Fletcher, non senza esitazioni, svela a Neiman le ragioni dei suoi bruschi metodi, sebbene anch’esso non sia convinto fino in fondo della liceità delle sue modalità d’insegnamento in riferimento ai risultati da raggiungere. Confida nel fatto che tormentare i propri allievi sia una pratica necessaria per ottenere il massimo, per testare fino in fondo la tempra e il desiderio di riuscire di chi aspira a diventare un musicista. Ma, a conti fatti, la sua è una speranza non comprovata dall’esperienza, tant’è che è costretto ad ammettere che in tanti anni nessuno dei suoi allievi è divenuto il nuovo Charlie Parker.
Chazelle, che ha anche scritto il film, davvero impressiona (ha appena 32 anni) per come è riuscito ad indagare un rapporto delicatissimo, laddove l’iniziale piano dialettico, che pure è assai significativo, lascia il passo allo ‘srotolarsi’ di un piano d’immanenza in cui i due termini messi in connessione si fondono in una gioiosa indiscernibilità da cui sgorga il senso, il quale, è bene precisarlo, rimane sempre fuori campo, ma insiste retroattivamente sull’intero film, ammantandolo di una nuova luce che ne riposiziona le coordinate. Fletcher e Neiman, sebbene decisamente contrapposti, tessono, loro malgrado, un’inaspettata alleanza, che li eccede, e li riconfigura in quanto soggetti.
Molto più semplicemente, comunque, si può affermare che Whiplash è un film che non deve essere mancato, se non altro per poter fruire dell’ottima musica che accompagna incessantemente lo scorrere del film durante i 107 minuti di visione.
Distribuito Universal Pictures, Whiplash è disponibile in blu ray, in un’esclusiva edizione steelbook. Ben 70 minuti di contenuti speciali: commento dello sceneggiatore regista Damien Chazelle e di J.K. Simmons; una serata al Festival Internazionale del cinema di Toronto con Miles Teller, Damien Chazelle e J.K. Simmons.