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Film da Vedere

Christiane F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino: un potente ritratto della fine degli anni Settanta, un film senza tempo

Un film che deve essere sottoposto all’attenzione delle nuove generazioni, e riproposto a chi non ne avesse compreso appieno il valore e la forza dirompente

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Un’immagine su tutte: dopo aver compiuto una scorribanda vitale e disperata tra i lunghi corridoi della metropolitana berlinese (una sequenza, questa, che ricorda, se non altro per l’esuberanza, l’altrettanto celebre corsa nel museo del Louvre messa in scena da Jean-Luc Godard in Bande à part, nel 1964), Christiane, Detlef, Babsi, Axel, Kessi e Stella (i ragazzi dello zoo di Berlino), sfuggiti a un inseguimento della polizia, si ritrovano sulla sommità del grattacielo di un centro commerciale, sui cui campeggia un enorme e luminosissimo stemma di una famosa casa automobilistica tedesca, che gira su se stesso, volgendosi in ogni direzione, dominando quasi, con la sua glaciale presenza, la capitale. Forse è proprio a partire da questo drammatico contrasto visivo che prende corpo la tragedia diretta da Uli Edel nel 1981, Christiane F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino, la quale, facendo eco all’omonimo best seller del 1978, ispirato alla vera storia di Christiane Vera Felscherinow, e divenuto famosissimo in tutto il mondo, costituì la prima, vera e crudissima rappresentazione del mondo della tossicodipendenza, aggravata dalla circostanza della giovanissima età dei protagonisti.

Assistere alla caduta libera, allo sprofondamento negli abissi, di alcuni ragazzi del tutto sprovvisti della benché minima capacità di comprendere il mondo in cui, malgrado loro, si ritrovano a muoversi, non smette, a distanza di più di 35 anni, di provocare grande sgomento. I problemi famigliari, economici, nonché l’incombenza di una città spettrale, con le sue periferie mastodontiche e alienanti, concorsero ad assestare un colpo mortale all’avvenire di una generazione che, danzando sulle note di Heroes di David Bowie, tentava di sottrarsi alla fatalità di un destino imposto dall’indifferenza di una società dedita a una quotidianità ormai insensata, in cui gli individui, al massimo, potevano aspirare al ruolo di produttori e consumatori.

Sebbene Edel, seguendo le suggestioni della fonte letteraria, rimanga con la sua macchina da presa ‘in situazione’, nel senso che non tenta neanche di delineare le cause più profonde alle origini del malessere insuperabile descritto, Christiane F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino non cessa di rimandare a un fuori campo assoluto che riverbera continuamente nel film: mancavano, innanzitutto, le risorse, una scuola che davvero formasse, dei luoghi adatti ad accogliere chi, alla fine degli anni settanta, vedeva naufragare ogni reale slancio di progresso ed emancipazione, le famiglie, ridotte a pallido ricordo di se stesse; non solo, quindi, un riuscito affresco, annichilente e perturbante, di quegli anni: il film di Edel riuscì a far sgorgare, tra gli interstizi delle immagini, i termini di una dialettica più ampia, quella che investì impietosamente tutti quei giovani che, all’epoca, senza probabilmente neanche rendersene davvero conto, rifiutarono in blocco una logica che li avrebbe completamente sussunti, riducendoli a carne da macello, come poi, l’anno successivo, sarebbe stato superbamente confermato dal leggendario lungometraggio di Alan Parker del 1982, tratto dal capolavoro senza tempo dei Pink Floyd, The Wall. Per non parlare del nostro, devastante, e mai sufficientemente troppo rivalutato, Amore Tossico (1983) del compianto Claudio Caligari.

Tali assonanze, dunque, confermano quanto quel periodo, in cui, di contro, il cinema americano delle major predicava amicizia fraterna e una fiducia ingenua, mosso più che altro dall’entusiasmo miope dell’edonismo reaganiano, fu il frutto di un’attenta politica dell’esclusione, il cui principale obiettivo era mettere fuori gioco, con un disegno preciso e spietato, chiunque rifiutasse di allinearsi. Christiane Vera Felscherinow era una ragazzina non diversa dalle sue tante coetanee, ansiose di crescere il più in fretta possibile, di bruciare le tappe, ma le sue origini proletarie – forse sottoproletarie fuori tempo massimo, verrebbe da dire – le impedirono di accedere a quella quota minima di benessere tanto sventolata, e tutto ciò che le venne consentito fu una discesa agli inferi, con biglietto di sola andata.

Christiane F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino costituisce, oggi più che mai, una preziosissima testimonianza di un’epoca e di un mondo che, seppur definitivamente archiviati, non cessano di rifluire dal passato, giustapponendosi all’asetticità di un presente sciagurato, in cui lo scontro e le fisiologiche frizioni sono stati messi tra parentesi, in nome di una liquidità senza attriti (che, a questo punto, sarebbe opportuno condurre – in nome della necessità di un gesto davvero radicale – fino alle sue estreme conseguenze).

Pubblicato da Dall’Angelo Pictures e distribuito da Koch Media, Christiane F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino torna a rivivere in tutto il suo splendore grazie all’ottima edizione in blu ray, in formato 1.77:1, con audio in italiano e in tedesco (DTS-HD Master Audio 2.0) e sottotitoli opzionabili.

Un film che deve essere sottoposto all’attenzione delle nuove generazioni, e riproposto a chi non ne avesse compreso appieno il valore e la forza dirompente.

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  • Anno: 1981
  • Durata: 131'
  • Distribuzione: Koch Media
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Germania
  • Regia: Uli Edel