Il rapporto tra i sessi è sempre stato motivo di ispirazione per il mondo del cinema. Con il passare del tempo sono cambiate anche le tematiche alle quali legare l’argomento nel modo più consono. Ed è proprio questo che il nuovo film di Tonino Abballe, al suo secondo lungometraggio, si propone di esplorare in una modalità che ricorda proprio il titolo del film. Lo spettatore assiste all’avvicendarsi sulla scena di due attori (uomo e donna) che interpretano alternativamente il ruolo di terapista e paziente, mentre le storie narrate vengono recitate da attori diversi. Seppur apprezzabile il presupposto dal quale si è parititi per parlare di paura della maternità – il voler sentirsi desiderati, la possessività affettiva, le sfumature e le cause dell’aggressività nell’uomo e molto altro – il risultato sembra scimmiottare il mezzo televisivo, e precisamente il fortunato In Treatment con Sergio Castellitto, che tanto successo ha avuto su Sky.
Purtroppo non è questo il caso di Girotondo, dove anche una buona sceneggiatura non riesce a fare da supporto ad un insieme in cui la recitazione e la scenografia appaiono veramente deboli, e tutto sembra non raggiungere l’obiettivo che il film si era proposto, ovvero fornire il ritratto di persone, le quali, nonostante tutto, non hanno smesso di amare, continuando a credere in un vero sentimento anche quando ci appare a rischio e cerchiamo di ravvivare o salvare a tutti i costi il rapporto con il partner.
Ci si augura che il cinema continui ad affrontare queste tematiche in un modo più adeguato, e soprattutto con la giusta attenzione che meritano, in riferimentto alla violenza sulle donne e all’alcolismo (del quale passa il messaggio sbagliato di essere una caratteristica prettamente maschile quando non è assolutamente così). Insomma si apprezza il tentativo, ma forse è provarci di nuovo.