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Con The Habit of Beauty Mirko Pincelli indaga la cognizione del dolore, che mette in scena con equilibrio ed empatia

Mirko Pincelli è bravo a equilibrare urgenze autobiografiche ed istanze artistiche, proponendo allo spettatore un dispositivo cinematografico in cui l’eleganza delle composizione visive non toglie empatia al respiro dei personaggi e alla direzione degli attori

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La cognizione del dolore è uno dei temi maggiormente frequentati dal cinema contemporaneo. Più che la moda del momento, a renderlo così “popolare” è l’universalità delle sua caratteristiche e, per quanto ci riguarda, una rappresentatività che non ha bisogno di molte spiegazioni per essere compresa dal pubblico di tutto il mondo. Sarà anche per questo che Mirko Pincelli ha scelto di ambientare The Habit of Beauty in Inghilterra (e a Londra per la precisione), “costringendo” Vincenzo Amato e Francesca Neri, che del film sono la coppia protagonista a recitare nella lingua del Bardo, utilizzata dagli altri membri del cast. Certo, la trama del film non è delle più originali, laddove mette in scena la tragedia di un marito e di una moglie che, dopo aver perso il figlio in un drammatico incidente, si ritrovano con le rispettive vite ad affrontare le conseguenze di un ultimo incontro in cui Ernesto, fotografo di successo chiede a Elena, gallerista di fama, di aiutarlo a organizzare un’ultima mostra prima di ritirarsi dalle scene.

A differenza di titoli come Turista per caso di Lawrence Kansdan  e K-PAX – Da un altro mondo di Jan Softley, quello di Pincelli evita di raccontare il percorso di un viaggio esistenziale scandito dall’inevitabile quanto necessaria elaborazione del lutto. Ciò non vuol dire che The Habit of Beauty sia del tutto avulso da questa dimensione, perché l’incontro di Ernesto con il giovane disagiato e il tentativo di aiutarlo in nome e nel ricordo dell’amato figlio, così come la decisione di Elena, la quale dopo qualche riluttanza si lascia coinvolgere dalle vicissitudini dell’ex marito (ad un certo punto c’è di mezzo una malattia che spinge il protagonista a ritornare in Italia per ritrovare luoghi e persone delle propria infanzia), sono in qualche modo i segni di uno spostamento in avanti degli orizzonti esistenziali dei protagonisti. Ciononostante, a prevalere è una ricerca del silenzio e della solitudine che The Habit of Beauty giustifica con la determinazione di Ernesto di non disfarsi del proprio dolore ma di reimpostarlo all’interno di un’esistenza priva del cupio dissolvi che fin lì l’aveva sostanziata.

In tale contesto Pincelli è bravo a equilibrare urgenze autobiografiche (l’amore per la fotografia e l’esperienza londinese provengono dal vissuto del regista) ed istanze artistiche, proponendo allo spettatore un dispositivo cinematografico in cui l’eleganza delle composizione visive (il direttore della fotografia è il Fabio Cianchetti dei bertolucciani L’assedio e The Dreamers) non toglie empatia al respiro dei personaggi e alla direzione degli attori. La scelta dei quali ci permette di vedere all’opera in un ruolo da protagonista il grande Vincenzo Amato (Nuovomondo) capace di calarsi nel “corpo doloroso” del suo personaggio con una recitazione che sa essere coinvolgente senza diventare mai di maniera.

  • Anno: 2017
  • Durata: 89'
  • Distribuzione: EuroPictures
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Italia, Gran Bretagna
  • Regia: Mirko Pincelli
  • Data di uscita: 22-June-2017

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