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È ancora tempo di esami, tra tante difficoltà: una riflessione sulla scuola nel cinema recente

Gli esami di maturità anche quest'anno sono arrivati: più opportuno che mai è quindi tracciare una panoramica di tutto quel cinema italiano (e non) degli ultimi anni che si è confrontato con il tema, e, più in generale, con la questione della scuola e della formazione

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Non è un luogo comune dire e pensare che il valore delle cose lo si apprezza di più quando si perdono. Vale per gli esami di stato che iniziano in questi giorni e che, tutti, continuiamo a definire esami di maturità, sia chi nella scuola ci lavora e chi no.

Perché è l’ultimo significativo rito di passaggio della nostra società. E benché quest’anno sia privato del pathos delle prove scritte, ben venga comunque per tutti gli studenti a cui facciamo i nostri auguri più cari.

Pensavamo davvero che questa volta la Rai ci risparmiasse Notte prima degli esami di Fausto Brizzi (2006), riproposto sistematicamente nel mese di giugno qualche sera prima della maturità, così giusto per entrare nell’atmosfera. E invece no. Forse ci è andata meglio con il film girato l’anno dopo, Notte prima degli esami – oggi, sempre di Brizzi.

Due notti prima degli esami sono davvero troppe

La formula è identica. La riuscita meno. Nel secondo, manca il professor Antonio Martinelli (Giorgio Faletti), soprannominato Carogna da quattro generazioni di studenti, il prof. di lettere più bastardo dell’umanità. E manca la relazione con Luca Molinari, il protagonista; fatta di odio, ma anche di desiderio di rispecchiamento, intese faticosamente costruite e bruschi allontanamenti.

Manca l’ambientazione anni Ottanta, gradevole, nella quale si sono riconosciute più generazioni, ma soprattutto la capacità di coinvolgere il pubblico nelle vicende del gruppo. E poi, una notte prima degli esami va bene, due, si poteva immaginare, sono troppe per mantenere lo stesso tono, lo stesso ritmo. Infine, quell’esame di maturità così buffo, nel quale Luca viene espulso a causa del ritardo e gli altri ad uno ad uno lasciano l’aula per solidarietà (stile Attimo fuggente) piacerà molto ai ragazzini, ma è proprio una sciocchezze.

Luoghi comuni nelle sceneggiature

É questo il problema dei film sulla scuola, nel cinema italiano in particolare: costruire le sceneggiature su luoghi comuni e voler rischiare poco, molto poco. La scuola della realtà è invece un mondo così complesso che le semplificazioni la offendono.

I professori sono resi in bianco e nero. Cattivissimi come Martinelli, cinici come Roberto Herlitzka ne Il rosso e il blu di Giuseppe Piccioni, oppure novelli professor Keaton, con tanta voglia di fare, che non sempre corrisponde a chissà quale spessore (tipo Riccardo Scamarcio, sempre ne Il rosso e il blu, al polo opposto di Herlitzka).

Il professore eroe

L’eroe del quotidiano scolastico funziona così: arriva e si siede sulla cattedra, anziché in cattedra, solitamente un po’ di sbieco, una gamba su e una giù. Guarda gli studenti negli occhi, è molto friendly, diretto, si capisce che mette al primo posto la relazione educativa.

La classe lo studia senza entusiasmo, non si fida, e men che meno gli si affida, ma sarà solo questione di tempo. Presto o tardi capirà la sostanziale differenza tra lui (di solito supplente) e gli altri insegnanti logorati dall’abitudine.

Al cinema come nelle fiction, la rappresentazione di una scuola che deve divertire

Un modello (ce ne sono tanti anche nel cinema americano) che abbiamo rincontrato anche  in Classe Z di Guido Chiesa. E’ Andrea Pisani, professore di lettere (di solito il prof. di lettere è quello più amato dagli studenti, tranne Antonio Martinelli), l’unico che si prende a cuore gli allievi sciamannati che il preside ha relegato in un ghetto scolastico per ripulire le altre classi. Eppure loro non lo apprezzano, fin quando, misurate le esigue risorse per la maturità, sono costretti a rivalutarlo.

L’idea di partenza non era male, ma lo stereotipo dei personaggi e la ricerca della risata a tutti i costi, ai limiti della farsa, creano un effetto straniante e impediscono la benché minima partecipazione. E poi perché in Italia quando al cinema si parla di scuola bisogna divertire? Cosa c’è di così esilarante nella scuola? E perché raccontarci storie che non si discostano da quelle delle fiction?

Fiction sulla scuola e la maturità: sempre gli stessi ingredienti

Ci pensano già le serie televisive (Compagni di scuola, I liceali, Fuoriclasse), a utilizzare tutte gli stessi cliché. Tra le fiction però c’è una scena che si ricorda (la si trova su Youtube): quella di Dario Argento che impersona il presidente della commissione do maturità, in Tutti pazzi per amore. Arriva accompagnato dalla musica di Suspiria, scende da una macchina nera che sembra un carro funebre, mentre un corvo gracchia sui rami e gli studenti si danno alla fuga.

Guarda caso però non è una serie dedicata specificamente alla scuola, dove spesso i ragazzi sono descritti nelle loro fissità caratteriali, e i professori anche; qualche ingrediente giovanilistico (amicizia amore complessi adolescenziali) una strizzatina d’occhio anche agli adulti e il gioco è fatto.

Eppure, sono state seguitissime. Sarà che comunque piace rivivere per due ore tra i banchi di scuola; tanto più quando i ricordi vengono solo sfiorati, rivisitati senza scomodare le convinzioni profonde sul passato di ciascuno.

D’altra parte, James Hillman sosteneva che l’età a cui la maggior parte degli adulti vorrebbe ritornare è proprio quella della scuola superiore, una prigione dalla quale si esce solo per buona condotta, diceva qualcun altro, non ricordiamo chi. Tanto che Paolo Genovese nel 2011 s’inventa un esame da dover rifare, in Immaturi, che da una parte è l’incubo notturno di molti, ma dall’altra, vuoi mettere, ritrovarsi ancora tra compagni di classe!

Domenico Starnone ha saputo separare la narrazione nel film e nella fiction

Tutto questo sarà vero, ma noi dal cinema ci aspettiamo di più e soprattutto vogliamo che non banalizzi. Apprezziamo Domenico Starnone che ha curato la sceneggiatura di Fuoriclasse, come una fiction, ma anche la sceneggiatura e il soggetto del film La scuola, con Silvio Orlando (forse, la migliore commedia italiana sulla scuola), sapendo distinguere le diverse modalità.

Si è riso con il film La scuola, e anche con la sua versione teatrale del 1992 sempre con Silvio Orlando, che ha continuato a recitarla nei venticinque anni successivi. Ma è un riso amaro perché nella crisi di quel professore che va dal preside lamentandosi di non divertirsi più (e soprattutto nella risposta del preside: “Lei non è qui per divertirsi”!), c’è tutta la tristezza di una scuola che non è più quel bel laboratorio di democrazia che è stata negli anni Settanta, ma non ha ancora trovato il suo modo di essere.

Il film di Starnone sì che ha saputo raccontare la scuola con empatia

E faticherà per i decenni a venire, prima di essere travolta dagli interventi insensati delle politiche che l’hanno usata solo per farsi belle, peggiorando il quotidiano di studenti e insegnanti. Il cinema italiano che fa? Propone La più bella scuola del mondo di Luca Miniero, nel 2014, una spasmodica ricerca di situazioni comiche, e scontate, per riderci ancora su, che ovviamente lascia alquanto indifferenti. Nell’umorismo (e non la comicità) del film La scuola invece, con quello scrutinio di fine anno demenziale, molto vicino alla realtà, si avverte un’empatia che nasce dall’interno e Starnone la scuola l’ha vissuta molto da vicino. Non il sentito dire, le chiacchiere da bar che ciascuno crede di potersi permettere quando se ne  parla.

La scuola nelle narrazioni filmiche straniere

L’ambientazione scolastica dei film stranieri, al contrario, è spesso carica di drammaticità. Lo sloveno Class Enemy (2013), è durissimo nella rappresentazione della classe, che, dopo il suicidio di una compagna, non riesce a gestire la rabbia e la riversa tutta sulla relazione con il nuovo docente.

La scuola nelle narrazioni filmiche francesi

Entres les murs di Laurent Cantet del 2008 (tradotto banalmente in italiano con il titolo La classe, a voler evitare la mancanza di respiro del titolo originale) si interroga su quanto sia difficile l’autorevolezza, in un gruppo multietnico di studenti francesi, demotivati e distratti. Cantet afferma che nessun attore è credibile nel ruolo di insegnante e quindi affida allo stesso Bégaudeau, autore del libro, il compito di gestire la classe, con studenti reali di quella scuola di periferia, lasciando il film a metà tra il documentario e la narrazione. Cantet torna a parlarci di relazione educativa con L’atelier, nel 2017. I ragazzi sono più grandi di dieci anni e i muri non ci sono più se non quelli della psiche, dell’anima.

Sempre dalla Francia, quattro anni fa, un’altra storia vera, costruita ancora sul tema della relazione educativa, ma anche della memoria e della motivazione: Una volta nella vita di Marie-Castille Mention-Schaar. La bravissima Arianne Ascaride, credibile professoressa, checché ne dica Cantet, accompagna la classe peggiore della scuola (altro che Classe Z con i suoi assurdi stereotipi!) in una ricerca sulla memoria della Shoa, fino a coinvolgere anche le menti più recalcitranti, fondare il gruppo e dargli solidità.

E finalmente l’anno scorso arriva Les grands esprits, di Olivier Ayache-Vidal, una commedia sincera sulle difficoltà di studenti e insegnanti, che non meritava la banalizzazione del titolo italiano, Il professore cambia scuola.

La scuola è finita di Valerio Jalongo

In Italia, un  film relativamente recente che  tratta di scuola in maniera problematica è La scuola è finita di Valerio Jalongo (si trova su RaiPlay). Lo studente Alex si aggira per i corridoi come un’anima in pena. Vive male le sue giornate, lì, in un ambiente scolastico triste e opaco, e fuori di lì. Solo due docenti si interessano seriamente a lui, Daria (Valeria Golino) e il marito Aldo (Vincenzo Amato). Ma entrambi investono troppo, vivono una sorta di controtransfert senza consapevolezza, di proiezioni esistenziali non tenute sufficientemente a bada. Valerio Jalongo, che di scuola ne sa, essendo lui stesso un insegnante, non si è spaventato ad affrontare il tema della giusta distanza tra docenti e studenti, e a mettere in conto anche le sconfitte di chi si lancia nella relazione senza difese.

Tema delicato e centrale, quando si parla di educazione, ma guarda caso La scuola è finita è un film che in Italia pochi conoscono, mentre ha avuto parecchi riconoscimenti all’estero.

Our road (la nostra strada)

Una bella sorpresa, del tutto inaspettata, è quella di pochi giorni fa. Finalmente un documentario che sa toccare il cuore, girato tra i banchi e nella vita di quattro ragazzi e di un loro professore (quello di lettere, come si diceva, solitamente il più rappresentato). Gli adolescenti sono filmati da Pierfrancesco Li Donni, a Palermo nel quartiere Zisa. Our road (la nostra strada) ha meritatamente vinto il premio giuria al miglior film del concorso Biografilm Italia. Finalmente! Una realtà che commuove, più di mille finzioni : sogni e progetti che devono fare i conti con gli svantaggi quotidiani. Fino agli esami e un anno dopo. Sono quelli di terza media, ma per chi li vive e dovrà facilmente rinunciare alle superiori, hanno lo stesso valore della maturità.

Spesso i film sulla scuola rischiano di essere immaturi

Non si vuol dire che la scuola debba prendersi per forza troppo sul serio; solo che è difficile far sorridere ( ridere poi!), perché si pensa presuntuosamente di conoscerla, e non la si conosce affatto. É rimasta là, sullo sfondo dei ricordi collettivi, e si pretende di farla rivivere, di risvegliare scene depositate nel tempo, dandole una freschezza che non c’è più. Nascono così opere immature, sotto sotto nostalgiche, con un finto buonumore di superficie che forse convince sul momento, ma lascia più solo chi si è illuso di tornare ai tempi della scuola di allora. E non rende un buon servizio a quella di ora, ignorandone del tutto la realtà.

Scena degli esami di Ecce bombo: evergreen

Consiglio agli studenti che in questi giorni affrontano la maturità: rivedere la scena degli esami di Ecce Bombo ( di tempo ne è passato, ma l’ingenuità dei ragazzi a volte non è cambiata). Soffermarsi sul momento in cui il maturando accenna ai decenni di malgoverno democristiano, ignorando che il professore possa non essere d’accordo. Ecco, gli esami sono molto diversi da allora, sia nella struttura che nella sostanza. Sono più nozionistici, decisamente. Ma quando ci si ritrova in quel setting, bisogna solo essere se stessi; con moderazione, però!

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