Una delle ultime sorprese di marchio Netflix è la singolare serie televisiva THE OA, la cui prima e per il momento unica stagione, composta di 8 episodi, ha esordito a Dicembre 2016. La serie è stata rinnovata per un seconda stagione, già piuttosto attesa, dato il taglio misterioso e avaro di rivelazioni e di risposte che ha caratterizzato tutta la durata della prima, finale compreso.
THE OA è abilmente interpretata dalla sua creatrice, Brit Marling che ne è la protagonista, coautrice in questo progetto insieme al regista Zal Batmaglij, e già nota al pubblico per le sue performances sul grande schermo (Another Earth, Sound of my voice, I Origin)
Il genere non è definibile in modo chiaro e univoco, è più appropriato dire che vi è una commistione di generi, si può individuare il thriller psicologico ma anche l’elemento fantastico, tra fantasy, fantascienza e horror, e ancora non mancano gli aspetti drammatici.
La trama ruota intorno a Prairie, una ragazza che torna a casa dopo essere scomparsa per anni, che prima di sparire era cieca, ma al suo ritorno ha riacquistato la vista e tutto ciò che avviene è volto a chiarire come abbia trascorso gli anni di assenza e come questi abbiano influito su ciò che è diventata e su ciò che farà.
Le tematiche trattate sono diverse e accattivanti, si va dall’eterno enigma dell’esistenza di vita o coscienza dopo la morte a temi più esistenziali come l’etica e il confine tra bene e male, l’essenza dell’essere umano e il bisogno di condivisione.
Sulla serie, Netflix ha mantenuto grande riserbo e un alone di mistero sin da prima della sua uscita, quando fino all’ultimo non è trapelato nulla, né sulla trama, né su qualsiasi altra informazione la riguardasse, il che ha accresciuto l’interesse, creando una sorta di velo di arcano intorno a questo nuovo prodotto misterioso, sensazione che pervade anche i suoi episodi, nel senso che uno degli aspetti che la caratterizzano maggiormente e che forse è quello più menzionato andando un po’ a leggerne in giro per il web, è proprio questa imperscrutabilità data da una narrazione non lineare e dal continuo dispiegarsi della trama senza che si comprenda mai a fondo il senso di quello che sta accadendo e di quello che è successo prima.
Per questo, la serie è stata definita fra tanti e forse eccessivamente come ipercomplicata, bizzarra, assurda, senza senso; l’impressione è che si sia voluto creare a tutti i costi questo senso dell’ignoto, forse proprio per accrescere la partecipazione del pubblico, ma che in realtà non ci sia niente di così astruso o di particolarmente insensato in THE OA. È vero, sino alla fina non viene rivelato quasi niente delle ragioni che portano gli eventi a svolgersi in un certo modo, ma non è certo un meccanismo nuovo o sconosciuto in ambito seriale.
Anche il finale rimane aperto, sia verosimilmente per dar spazio all’eventuale prosecuzione in caso di rinnovo, sia, a detta degli stessi autori, per far sì che non potesse esserci un’interpretazione univoca ma che ogni spettatore potesse dare la propria.
L’aspetto più interessante, che probabilmente conferisce maggior pathos e conseguente pregio all’intreccio, è l’impossibilità, durante tutti gli otto episodi, di distinguere tra la realtà e l’eventuale frutto di un ipotetico disturbo mentale della protagonista, espediente che oltre a mantenere viva la suspence e creare un sottofondo continuo di inquietudine, sottende possibili riflessioni sulla reale natura del disturbo mentale in genere e su quanto la presenza di un disturbo emargini e stigmatizzi chi ne è portatore.
Nella maggior parte dei casi, le reazioni alla serie sono state tiepide, quasi tutti hanno espresso dei dubbi sulla sua riuscita, percependo non sempre ben integrati tra loro i molteplici e svariati elementi che ne compongono la sceneggiatura, che sempre a detta di alcuni critici, peccherebbe di confusione e in alcuni punti di continuità.
Per alcuni aspetti, il soggetto può ricordare gli altri film che vedono Brit Marling protagonista, nei quali la bella e biondissima attrice incarna sempre il ruolo di una personalità carismatica con particolare ascendente sugli altri. In almeno tre opere da lei interpretate(questa compresa) si possono individuare delle scene in cui lei si trova seduta al centro di un circolo di persone, in versione guida e in situazioni enigmatiche o potenzialmente ambigue.
THE OA può essere evocativo di diverse altre pellicole, tra le quali ci è parso interessante ricordare il film Linea Mortale (Joe Schumacher, 1990) con un cast costituito dagli allora giovanissimi Julia Roberts, Kiefer Shutterland e Kevin Bacon, narrante le vicende di un gruppo di studenti di medicina, che per provare l’esistenza dell’aldilà, effettua degli esperimenti di induzione chimica della morte e successiva rianimazione, esperimenti simili a quelli che vediamo nella serie effettuati dal personaggio certamente più negativo, un anestesista dall’integrità decisamente discutibile che si fa chiamare Hap, interpretato da Jason Isaacs, pronto a tutto per dimostrare l’esistenza di un oltre dopo il decesso.
Particolarità di THE OA che hanno contribuito a renderla singolare, sono la comparsa dei titoli di testa ben un’ora dopo l’inizio del primo episodio e la durata variabile dei singoli episodi che va da poco più di 30 minuti fino a un’ora.
Bella la colonna sonora,curata dal cantautore e compositore ROSTAM, fratello del regista, che si era occupato anche delle musiche di Sound of my voice.