Considerato uno dei registi rumeni più interessanti della sua generazione, Cristi Puiu (classe 1967) è un autore e regista che potrebbe definirsi ‘radicale’ per contenuti e forme delle sue opere: nel film Sieranevada (presentato al 69esimo festival di Cannes ed oggi nelle sale italiane) descrive, con crudezza e senza infingimenti, attraverso l’espediente di un dramma familiare, la Romania odierna con le sue contraddizioni, come già avvenuto per il film premiato a Cannes La morte del signor Lazarescu (2005) e per Aurora (2010) – primi due capitoli della serie Sei storie dalle periferie di Bucarest – considerati già dei capisaldi del nuovo cinema rumeno.
Nella sua ultima pellicola, teatrale ma al tempo stessa dinamica, dove il regista evidenzia la sua abilità tecnica districandosi fra dialoghi ed azioni in corso parallelamente all’interno di locali diversi di un piccolo appartamento di Bucarest, l’occasione per riflettere su politica, vita quotidiana e storia del Paese, è data dalla riunione nella casa di famiglia di un vasto gruppo di parenti organizzata, come da tradizione romena, a quaranta giorni dalla morte dell’anziano pater familias. In tale contesto, collocato temporalmente a tre giorni dall’attacco terroristico contro Charlie Hebdo, il protagonista Lary (medico di professione e figlio del defunto commemorato), si trova al centro di un geniale microcosmo umano che, fra un bicchiere di troppo, un pranzo mai consumato (richiamo ad una fame atavica, non solo di cibo), una confessione imprevedibile ed un gran numero di aspettative disattese (familiari e non solo), porta a galla vecchi rancori, desideri, nostalgie (anche del comunismo), vizi e virtù dei protagonisti e delle istituzioni, insieme ad una spietata e grottesca analisi (detta/non-detta) della società romena fra passato e presente. Lary sarà costretto a fare i conti con le proprie paure e delusioni, raccontando la sua personale parte di verità e riconsiderando anche il proprio ruolo all’interno della famiglia-società che lo ha generato, cresciuto ed alla cui memoria individuale e collettiva appartiene.
“Nel 2007 è morto mio padre – racconta il regista – mentre io ero al Festival di Cannes come membro della giuria della sezione ‘Un Certain Regard’. Sono tornato immediatamente a casa e la prima commemorazione, che è avvenuta subito dopo il funerale, si è svolta in modo alquanto bizzarro: c’erano persone che non conoscevo, degli amici di mio padre, individui che frequentava quando andava al bar e anche dei vicini di casa. Ricordo di essermi arrabbiato con una collega di mia madre a proposito della storia del comunismo. Nel momento in cui prendiamo coscienza di noi stessi, verso l’età di dieci anni, siamo già istruiti e formattati dalla storia del nostro paese. Vediamo le cose in un modo che è già classificato ed etichettato: tutto questo ci conduce verso una forma di inerzia, siamo pronti ad accettare una verità che presumiamo acquisita e chiudiamo gli occhi di fronte ad eventuali errori. È il prezzo che paghiamo per entrare a far parte delle comunità, per essere accettati all’interno di essa. Ma quando qualcuno muore, tutto cambia all’interno di quelle piccole comunità che sono i componenti di una stessa famiglia. Si scatena una lotta di potere e si cerca di capire chi alla fine conquisterà questa autorità. E ciascuno propone il proprio programma, come in una campagna elettorale.”
Quanto al titolo del film, Sieranevada, per ammissione dello stesso regista, non ha un significato collegato alla storia, se non per l’ironico accostamento fra un ambiente purissimo e naturale con l’asfittico brulicare umano dentro un appartamento chiuso; inoltre Puiu non voleva rischiare che, nelle varie traduzioni, un altro eventuale titolo venisse modificato, come spesso accade. La mancanza di una ‘erre’ alla Sierra è anch’essa voluta, una sorta di divertissement e firma dell’autore.
Fra gli interpreti, i bravi e convincenti Mimi Branescu, Judith State, Bogdan Dumitrache, Dana Dogaru, Sorin Medeleni.