Chi ha letto la quadrilogia di Elena Ferrante aspettando il seguito un anno dopo l’altro, si ritrova ad invidiare chi lo sta scoprendo in ritardo e ha il privilegio di leggere ora le storie di Lina e Lenù (Elena e Raffaella): millesettecentoventotto pagine, come una serie che scorre senza attesa e senza interruzioni.
Nello stesso tempo, chi l’ha amata non ha esultato alla notizia della sua resa televisiva, e si è rilassato solo quando ha saputo che la regia è stata affidata a Saverio Costanzo. E’ bravo, e lo ha dimostrato, nel restituire la psicologia dei personaggi, ritraendoli senza giudizi e pregiudizi. In In Treatmen ci pone davanti ai pazienti di Giovanni Mari con lo stesso suo sguardo; in Hungry heart ci fa condividere la pena della coppia Mina (Alba Rohrwacher) e Jude (Adam Driver), ai limiti dello struggimento.
Chissà come saprà rappresentare l’ambiente napoletano della Ferrante! Una Napoli rinchiusa nel rione dove le due bambine crescono e diventano donne nei primi due volumi; Elena parte, poi, ma dovrà pur sempre ritornare lì, a rivisitare il passato e il legame imprescindibile con l’amica. Anche su questo possiamo dare fiducia a Costanzo, che di luoghi chiusi se ne intende, da quello in cui si incontrano Mina e Jude in Hungry hearts (l’angustia del bagno di un ristorante), a quello monacale di In memoria di me, e quello del film che ce lo ha fatto conoscere, Private.
Abbiamo grandi aspettative dunque sulla descrizione del quartiere, ma ci dispiace un po’ che il titolo pare sia cambiato. Non l’Amica geniale, bensì The Neapolitan Novels (data la produzione internazionale Fandango e Wildside; speriamo però che da noi mantenga il titolo originale): racconti di una città che fuori dai limiti del rione è solo fantasticata nel primo volume, poi conquistata, infine abbandonata. Da Elena, che tra le due raggiunge il traguardo della scrittura di un libro, anche se fino alla fine resta il dubbio su chi sia, tra loro, l’amica veramente geniale. Elena (Lenù) è remissiva, conciliante, rispettosa delle regole, mentre Lina (Raffaella) sa essere persino cattiva, spesso sopra le righe. Bambine ragazze e donne che si completano nella loro diversità, che si attraggono e respingono, ma ciascuna di loro sarebbe completamente diversa senza l’altra. Il tempo trascorre lentamente, più decenni addirittura, a partire dagli anni Cinquanta, tanto dura la narrazione della vita di queste due donne che si ricongiungono e si dividono, eternamente.
Saverio Costanzo saprà raccontarci anche la loro infanzia così difficile, perché maneggia con cura i materiali delle narrazioni dolenti, come ne La solitudine dei numeri primi.
Per vederle in tv però dobbiamo aspettare l’autunno del 2018; quattro le stagioni, di otto episodi ciascuna. La scrittura è di Francesco Piccolo, oramai esperto in sceneggiature, Laura Paolucci e la stessa Ferrante che aveva partecipato, nel 1995, anche a quella de L’amore molesto insieme a Mario Martone. Ricominceranno le scommesse sulla sua identità? Sicuramente. Per fortuna, non hanno mai distratto dal valore autentico della sua scrittura (né noi né gli americani, innamoratissimi della Ferrante, chiunque sia). Una scrittura coraggiosa che, unita alla regia coraggiosa di Costanzo, fa ben sperare.