Il 2 Giugno, una festa istituita per ricordare la nascita della Repubblica Italiana, è una data che può generare sentimenti contrastanti.
Quali indicazioni possiamo trarre dalla consueta sfilata di cariche istituzionali, dal ripetersi di certi discorsi intrisi di retorica, dall’enfasi che solitamente accompagna la diretta televisiva della parata militare? Ma soprattutto, ed è ciò che interessa più direttamente a noi: in che modo il nostro cinema ha potuto rapportarsi, ammesso che lo abbia mai fatto veramente, a questa immensa macchina celebrativa?
Il Neorealismo
Qualora ci si voglia focalizzare su analoghe commemorazioni di natura cinematografica, può darsi che non sia stato fatto poi tanto, nei decenni successivi alla nascita della Repubblica. Ma dipende anche dal punto di vista che vogliamo adottare. Se pensiamo infatti ai valori e alle circostanze storiche che hanno accompagnato la nascita della Repubblica Italiana, allora il discorso cambia radicalmente, arricchendosi di episodi importanti da ricordare. Ci sarebbe innanzitutto il “filone resistenziale”, un tempo così prolifico. E più in particolare quella stagione magica del nostro cinema, nota come Neorealismo: Roma città aperta (1945) e Paisà (1946) di Roberto Rossellini, Sciuscià (1946) di Vittorio De Sica. Attraverso opere come queste, realizzate proprio a ridosso del referendum istituzionale del 2 giugno 1946, il nostro paese acquisiva coscienza di quanto fossero stati sofferti il processo di liberazione dall’occupazione nazi-fascista e l’immediato dopoguerra, confrontandosi al tempo stesso con un nuovo modo di fare cinema.
Sicuramente non è facile ritrovare tracce di quella urgenza nell’odierna parata, nella sfilata di corpi militari visti con un occhio diverso, magari più distaccato. Eppure anche questi erano stati fucina di vicende esemplari. Basti pensare alla figura di Salvo D’Acquisto eroico e generosissimo carabiniere il cui sacrificio venne ricordato nell’omonimo film realizzato da Romolo Guerrieri nel 1974, con un grande Massimo Ranieri quale protagonista.
Certo, non tutte le ciambelle riescono col buco. E allora può capitare che retorica ed approcci narrativi scontati facciano capolino anche in produzioni cinematografiche che, almeno sulla carta, vorrebbero testimoniare episodi misconosciuti, ma di notevole rilevanza storica: vedi ad esempio il prolisso e banale I giorni dell’amore e dell’odio – Cefalonia di Claver Salizzato, su una delle pagine più dolorose cui andò incontro l’esercito italiano nei momenti di confusione seguiti all’8 settembre 1943. Nel caso in questione, però, si è avuta la conferma che non sempre il passaggio dietro la macchina da presa di un affermato giornalista e critico cinematografico, nella fattispecie Claver Salizzato, produce buoni frutti.
Oggi come oggi ci sembra più raro imbattersi in film italiani che celebrino direttamente quei momenti e quegli ideali. Ma non è necessariamente un male. Invece di commemorare eventi del passato il cinema può guardare a ciò che minaccia concretamente, oggi, il sistema di valori su cui la nostra Repubblica bene o male è stata fondata.
Oggi
Da qui nasce il nostro provocatorio consiglio: approfittare anche di una data come il 2 giugno per recuperare sul grande schermo un documentario come Piigs – Ovvero come imparai a preoccuparmi e a combattere l’Austerity di Adriano Cutraro, Federico Greco, Mirko Melchiorre. Perché, senza volervi anticipare troppo, una visione del genere permette di scoprire che alcuni tra i peggiori nemici dei valori sanciti dalla nostra Costituzione sono insospettabili uomini in giacca e cravatta, posti ai vertici delle istituzioni politiche ed economiche di un Europa sempre più lontana dalle reali esigenze dei popoli.
Piigs – Ovvero come imparai a preoccuparmi e a combattere l’austerity è disponibile in streaming a noleggio su NEXO+.
Stefano Coccia