Un one man band prestato al cinema Clint Eastwood. Attore, regista, compositore e produttore, plasmato dalla polvere del deserto degli spaghetti-western di Sergio Leone (La Trilogia del dollaro), che da un lato lo resero celebre in Europa e dall’altro fecero accrescere il suo valore agli occhi degli Studios americani, che ha trascorso metà della sua vita sui set cinematografici. Tra produzioni tv (Rawhide), un gran numero di western (Impiccalo più in alto, Gli avvoltoi hanno fame), saghe cinematografiche (l’Ispettore Callaghan) e prime regie (Lo straniero senza nome, Il texano dagli occhi di ghiaccio), Clint Eastwood torna nelle nostre sale in veste di cineasta, dopo l’omaggio al musical realizzato grazie a Jersey Boys, con American Sniper, suo personale tributo alla memoria del cecchino Chris“leggenda” Kyle (interpretato da Bradley Cooper ), veterano degli U.S. Navy SEAL, considerato da Eastwood, repubblicano progressista, un vero e proprio eroe, un’icona di quel patriottismo tipicamente americano. Basato sull’omonima biografia dello stesso militare, il film, è anche una riflessione sul costo morale della guerra in Iraq e sul trauma del ritorno alla realtà (l’ex veterano sarà ucciso nella sua America, in un poligono texano, da un soldato affetto da sindrome post traumatica). Il regista premio Oscar torna dunque al tema della guerra, che aveva già trattato con toni più leggeri in Gunny e nel dittico Flags of our fathers/Lettere da Iwo Jima, con una pellicola che è al tempo stesso un elogio ed uno strumento di riflessione.
Guardando con più attenzione alla sua filmografia è facile riscontrare una serie di temi chiave che caratterizzano la sua produzione, senza fare distinzioni tra i vari generi adottati. La raffigurazione della violenza (Mystic River, Il Cavaliere Pallido, Gran Torino), il ruolo della donna tenace e solida (Bird, Changeling, Million Dollar Baby), il legame tra l’uomo e la religione (Hereafter, Mezzogiorno nel giardino del bene e del male) sono alcuni punti ricorrenti nel lavoro del regista che, con i personaggi dei suoi film, ha raccontato la storia del suo Paese, lasciandola magari anche solo in sottofondo (dalla Grande Depressione all’incontro di culture diverse), facendo di sé un’icona vivente, omaggiata da colleghi (Robert Zemeckis in Ritorno al Futuro) e musicisti (la band Gorillaz capitanata da Damon Albarn con l’omonimo singolo di debutto) a testimonianza del suo essere percepito come leggenda vivente.
Manuela Santacatterina