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Hostess, borghesi, ragazzi di borgata, lavoratori instancabili, perfino gatti, topi e pappagalli sono tutti i personaggi che passano per il chioschetto “da Maurizio” su una spiaggia di Ostia. Davanti, oltre le vetrate, c’è il mare burrascoso che sembra fare da spettatore a tutti quelli che arrivano per trascorrere una calda giornata al mare.
Una profonda umanità ed un fondo di amarezza sembrano essere le costanti di due film, realizzati l’uno a trent’anni di distanza dall’altro, entrambi a partire dallo stesso soggetto: una spiaggia del litorale romano, visto attraverso uno spogliatoio in Casotto, e dalle vetrate di un chiosco in Tutti al mare.
Sulla scia della commedia all’italiana, nel ‘77 Sergio Citti descriveva una serie di personaggi, all’interno di una cabina al mare dove, pur spogliandosi dei propri vestiti, rimanevano comunque quello che erano.
Gli sbandati, i moralisti e i disinibiti ragazzi romani sono le maschere scelte per interpretare i costumi dell’Italia di allora. All’insegna dell’eclettismo più sfrenato, Citti raccontava, in un’unica giornata, i caratteri dell’epoca, scegliendo un cast irripetibile: Paolo Stoppa, Ninetto Davoli, Gigi Proietti, Jodie Foster (l’unica, sembra, ad aver avuto un compenso per la recitazione) ed Ugo Tognazzi (il ruolo fu scritto per Mastroianni).
Un’Italia ambigua e allo sbando, ancora alle prese con rigidi costumi morali, si scontrava con la rivoluzione sessuale. Casotto, il cui termine rimanda sia al luogo in cui l’azione si svolge, la cabina, scelta come unica location, sia alla confusione della società italiana di fine anni settanta, rappresentava, ironicamente, un’umanità inflessibile, al tempo stesso, sfrontata.
Più di trent’anni dopo, Matteo Cerami, in collaborazione con Vincenzo Cerami (sceneggiatore con Citti di “Casotto”), partendo dallo stesso soggetto, vuole raccontare un’altra Italia: quella che è attualmente diventata .
Citti nel suo film metteva in scena un paese in cui le profonde radici contadine si stavano lentamente sfaldando. Oggi, racconta Matteo Cerami, “nella mia opera prima, cerco di raccontare una società bulimica, in cui troppe sono le immagini, i falsi miti, i simulacri”.
All’inizio della quarta settimana di riprese, racconta Gianfranco Piccioli, il produttore che lavorò alla produzione anche di Casotto, “si è instaurato un clima di grande creatività e divertimento che ora, come avvenne nel film di Citti, sta regalando carattere ai personaggi”.
Come uomini intrappolati nelle proprie maschere, i vari personaggi, che sembrano naufragare nel chiosco di Maurizio, non sono più affamati di benessere, di libertà sessuale e rivoluzione, come in Casotto.
In Tutti al mare ognuno è sazio ma un po’ annoiato, e le maschere, cucite addosso ad ognuno di loro, ormai non possono più distinguersi da chi le indossa.
Non più il casotto, ma il chiosco della spiaggia è il teatro nel quale il giovane regista racconta, attraverso gli occhi di Maurizio (Marco Giallini), il microcosmo in cui vari tragicomici personaggi si susseguono: Gigi Proietti, che qui interpreta il cognato di Maurizio, Ninetto Davoli, il pescatore, Ambra Angiolini, l’hostess, poi Ennio Fantastichini, il suicida, Libero De Rienzo e addirittura Vincenzo Cerami, che interpreta l’uomo con il pappagallo.
Un film in cui il mare, minaccioso, burrascoso e sporco è protagonista assoluto e, circondando come fossero insetti i personaggi che si fermano al chiosco per ripararsi dal sole, li vede, al tramonto, andare via.
In Tutti al mare, di cui ancora non è prevista la data di uscita, ognuno s’intrattiene al chiosco “da Maurizio”, palcoscenico sul quale si scontrano le realtà più diverse, i caratteri ora cinici, arcigni ed arrabbiati con la vita, ora teneri, sognanti e meditabondi.
Martina Bonichi