Giorni felici, una coppia innamorata, lei tedesca, lui turco, ancor più uniti perché provenienti da un passato difficile, un matrimonio, un figlio di sei anni, una bella famiglia . Poi la tragedia – fade/nichts significa infatti la dissolvenza, il nulla – un attentato di natura sconosciuta distrugge ogni cosa. Lei, Katja, unica sopravvissuta, cerca ora giustizia, dentro o fuori la legge. Dramma politico e personale al tempo stesso, basato su fatti reali, il film In the Fade in concorso a Cannes 2017 sembra segnare una tappa nuova nella cinematografia del regista e sceneggiatore Fatih Akin – autore rivelazione nel 2004 con la pellicola La sposa turca, Orso d’oro alla Berlinale, e vincitore del Leone d’argento nel 2009 con Soul Kitchen – nelle scelte stilistiche più mature e nella ricerca di un prodotto artistico meno sperimentale ma più ‘solido’, all’interno di canoni visivi più ‘classici’, di alta qualità.
La pellicola, girata interamente in Germania, non parla solo della tragedia di una donna cui un atto terroristico (poteva essere commesso da qualsiasi organizzazione, di matrice nazista o fondamentalista) ha strappato gli affetti più cari ed insieme ad essi il senso stesso della vita, ma di un mondo in cui altri come lei devono capire ogni giorno se vale la pena continuare a vivere e quale direzione prendere, un mondo in cui la detenzione di hashish è condannata con la prigione mentre il neo-nazismo omicida può farla franca nonostante le prove schiaccianti, dove i giovani manipolati con competenza possono uccidere sconosciuti e bambini innocenti rimanendo anestetizzati, senza provare alcuna pietà né senso di colpa. Su questi sentieri di analisi ci conduce il regista, pur utilizzando una forma espressiva diretta, che punta alle emozioni ed arriva al cuore dello spettatore, tenendolo agganciato con interesse ed apprensione alla protagonista, Katja, il vero cuore del film. La telecamera non la lascia un attimo, soprattutto dopo la tragedia, ne segue gli sguardi, i respiri, la torsione delle mani, la tensione mentre aspetta i risultati della prova del DNA, o il verdetto della giuria al processo, sembra di penetrare nella sua mente e di seguire i suoi ragionamenti mentre seleziona le varie ipotesi su ciò che le resta da fare. Prende una strada, poi un’altra, ci ripensa, e ancora: un travaglio che potrebbe capitare ad ognuno di noi, e che forse ci colpisce in altre dimensioni se non quella familiare, perché la violenza conduce sempre ad un bivio sulle risposte da dare e le azioni da intraprendere.
Diane Kruger – l’attrice scelta da Quentin Tarantino per il film Bastardi senza gloria – che nel film di Akin ha recitato per la prima volta in tedesco, sua lingua madre, invece che in inglese, ha ricevuto il meritatissimo Premio del Festival di Cannes 2017 come miglior attrice protagonista per l’interpretazione data di Katja, nella sua evoluzione e nel suo umanissimo altalenare fra la vita e le tenebre, attraverso i molti passaggi intermedi che accompagnano un così doloroso percorso.
“Pensando al personaggio di Katja – ha raccontato Fatih Akin – ho iniziato a esplorare il concetto di vendetta, cosa significasse davvero e se io, al suo posto, avrei cercato vendetta. Katja ha una sua moralità, una propria idea di giustizia, ed emerge un lato di lei che esiste dormiente in ciascuno di noi, e che dovrebbe rimanere tale. Non mi interessava la prospettiva degli assassini, sapevo bene dove posizionare il mio focus, la mia empatia. In the Fade è diventato un film molto personale per me, sebbene Katja sia una donna tedesca bionda con gli occhi azzurri, considero il suo personaggio come il mio alter-ego. Questo film è sul sentimento universale del dolore nei suoi tanti livelli e sfumature”.
Elisabetta Colla