L’elegantissima pellicola di Sofia Coppola, L’inganno, presentata a Cannes in anteprima all’interno della competizione, è un nuovo adattamento cinematografico del romanzo The Beguiled del 1966 (in un primo tempo intitolato A Painted Devil) dello scrittore sudafricano Thomas Cullinan (1919-1995), opera già portata sul grande schermo con la pellicola La notte brava del soldato Jonathan (1971), diretta dal regista Don Siegel e con Clint Eastwood nei panni del protagonista maschile, il caporale Jonathan McBarney.
La storia de L’inganno si svolge nel 1863, nel Mississipi, in piena guerra di secessione: scampato per miracolo alla morte ed alla cattura da parte dei soldati sudisti, un caporale nordista viene trovato ferito ed è soccorso, nel bosco, da una bambina in cerca di funghi, Amy, che lo porta con sé nel collegio femminile dove vive, nelle vicinanze, con un gruppo di ragazze senza parenti, ospitate ed educate dalla direttrice Miss Martha Farnsworth. L’atmosfera sospesa e leggermente cupa entro cui la Coppola avvolge il lento dipanarsi di una trama che conduce, senza parere, alla tragedia, richiamano i toni dell’opera prima della regista, Il giardino delle vergini suicide (1999), la presenza del ‘bosco’ oscuro e della casa isolata, immersa nella bruma, il gruppo di ragazze unite, rivali, solidali nella necessità e nella fatalità, che aprono e chiudono il cerchio ‘magico’ della vita, della sensualità e della morte (qui sarà il gruppo di donne a decidere di non soccombere, diversamente dal film del ’99). Curato inizialmente per carità cristiana (in quanto appartenente all’esercito nemico) e nascosto nella sala musica, il caporale, giovane e aitante, risveglia i sensi del sopito gineceo, attirando su di sé, a poco a poco, gli interessi erotici sia dell’insegnante Edwina, sia della giovanissima e audace studentessa Carol come anche della stessa Miss Martha. Ma nonostante la bellezza ed i ‘buoni’ sentimenti sfoggiati esteriormente da queste meravigliose donne (e attrici), nelle buone maniere, nei preziosi abiti d’epoca, nella buona cucina, nelle serate musicali e nella cura dell’ospite (“facciamogli vedere cosa significa l’ospitalità, nel sud”), le gelosie reciproche ed il desiderio di fuggire ad una situazione statica e senza scampo, farà precipitare la situazione, conducendola ad un finale drammatico ed imprevisto.
Dopo un Oscar ed un Leone d’Oro, oggi Sofia Coppola mostra la propria maturità artistica, in questo film su un’epoca e sui suoi costumi – ma anche nella volontà di trascendere luoghi e tempi, come quando Miss Martha dichiara che: ‘lo straniero, come individuo, non deve fare paura’ – the bequiled, che lega indissolubilmente lo stilema registico allo splendore della fotografia e delle luci naturali, al passo col trascorrere delle giornate nel collegio femminile. Perfetta anche la scelta del casting, dove il ruolo della direttrice, all’apparenza scolpita nella bianca porcellana, è affidato a Nicole Kidman, che incarna l’applicazione della regola morale e la vendetta privata con il medesimo candido sorriso perbenista; quello della ragazza generosa, amabile e un po’ ingenua è calzato a pennello su Kirsten Dunst mentre la parte della ragazzina disinibita, che morde il freno, è giusta per Elle Fanning, già nota per la sua apparizione in Somewhere (2010). L’oggetto del desiderio è l’attore irlandese Colin Farrell (in coppia in ben due film con Nicole Kidman in questa 70esima edizione del Festival di Cannes), bravino ma con poche chances di emergere (e di sopravvivere) a contatto con un così agguerrito gruppo di donne.
Elisabetta Colla