Quante volte, visionando un film, vi è capitato di imbattervi in più di un’occasione in uno di quei volti che rimangono impressi nella memoria ma di cui, paradossalmente, non siete a conoscenza del nome?
Potrebbe essersi trattato della indimenticabile nonna romanesca sora Lella Fabrizi o del mitico cummenda Guido Nicheli, entrambi facenti parte di quel folto stuolo di figure cinematografiche classificabili come “caratteristi”, ovvero attori di supporto che, però, sono paradossalmente quelli che tengono in piedi tutta la baracca.
È soltanto una delle indispensabili nozioni che è possibile apprendere durante il docu-film Ora non ricordo il nome, introdotto dalla citazione stanislavskijana “Non esistono piccole parti, esistono solo piccoli attori” e diretto dal toscano Michele Coppini, già autore della gradevole commedia Benvenuti in amore e del pov sulla crisi del cinema italiano Zero bagget.
Lo stesso Coppini che ne è anche protagonista affiancato da Stefano Martinelli, insieme al quale lavora all’interno di una videoteca e decide, appunto, di mettere in piedi un prodotto filmico in onore dei caratteristi del cinema italiano; man mano che assistiamo anche ai suoi conflitti sentimentali con la moglie e, tra l’altro, lo troviamo alle prese con una fruizione televisiva di Compagni di scuola.
Del resto, mentre questa parte di finzione – non priva neppure di incubo con tizi mascherati, tra l’altro, da Tiberio Murgia, Mario Carotenuto e Mario Brega – non può fare a meno di apparire influenzata da Clerks – Commessi, tanto più che è girata in bianco e nero proprio come il cult sfornato negli anni Novanta da Kevin Smith, quella costituita dagli incontri con le varie personalità della Settima arte nostrana – concepita a colori – non manca di tirare in ballo proprio la grande importanza che Carlo Verdone conferisce ai caratteri e una ironica ricostruzione del casting in cui il cineasta romano scelse la Isa Gallinelli di Borotalco.
La stessa che, tra interventi del giornalista Marco Giusti ed un breve contributo di Raffaele Vannoli, racconta sia i propri esordi nell’ambito dello spettacolo che la maniera in cui, oggi, vive restandovi per lo più lontana.
Come pure il Sandro Ghiani che debuttò in Sturmtruppen o il Luciano Casaredi che, in mezzo a dichiarazioni di Sergio”Il ciclone”Forconi e Pietro”Ovosodo”Fornaciari, scopriamo svolgere l’attività di arredatore quando non è impegnato sul set.
E, se il Franco Pistoia di Si può fare si lamenta in maniera più o meno ironica del suo essere relegato a ruolo di caratterista, Paola Tiziana Cruciani si manifesta felice di esserlo e Stefano Ambrogi – il Cozzaro nero di Febbre da cavallo – La mandrakata – addirittura onorato.
Non a caso, coinvolgendo anche il Camillo Milli di Fantozzi contro tutti e L’allenatore nel pallone, la circa ora e dieci di tanto scorrevole quanto interessante assemblaggio audiovisivo tende a ribadire, inoltre, sia che alcuni attori si offendono quando definiti caratteristi, sia che, spesso, i caratteristi sono anche grandi attori.
D’altra parte, non solo più un lungometraggio è grosso ed importante e più deve azzeccare il caratterista, ma quest’ultimo – il cui essere tale non riguarda solamente il fattore fisico, ma anche di carisma – può fare il protagonista e non viceversa.
Ne furono oltretutto concreta testimonianza i vari Bombolo, Tina Pica, Memmo Carotenuto e Mimmo Poli verbalmente citati insieme ad Enzo Cannavale in questa nostalgica e, al contempo, ironica operazione che, in omaggio al compianto Carlo Monni, è CG (www.cgentertainment.it) a rendere disponibile su supporto dvd.
Con ricca sezione extra che, al di là di teaser e trailer, include otto minuti di backstage, il videoclip della canzone di Silvia Vavolo e intervista alla stessa… oltre al cortometraggio Pollo, insalatina e una tazzina di caffè, a firma del direttore della fotografia Daniele Cribari.
Francesco Lomuscio