Metafora visiva che si fa presenza, che intercetta e rende vivido l’altro da sé della nostra breve e fugace esistenza. Un’abbagliante e feroce giovinezza, tutto il suo potenziale di attesa e di promessa, così puro e presente, è l’innovativo lavoro di Fabio Bobbio.I cormorani si staglia sulla nostrana e giovane produzione cinematografica come una boccata d’aria e di luce, attesa da tanto.
Nell’estate dei loro dodici anni Matteo e Samuele, affrontano il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, cercando un nuovo rapporto con la vita e con il mondo che li circonda.
La recensione
Samuele e Matteo, i due giovani ed innocenti protagonisti, sono le nostre inconsapevoli guide attraverso le quali percepiamo quel tempo ormai per noi andato e perduto, in cui la vita e il mondo cambiano contorni e forme, dove l’infanzia e il suo tepore, i suoi inganni, ci abbandonano nell’arrivo improvviso di un reale ancora non pienamente comprensibile, ma che segna, inevitabile, il passaggio di coscienza e di vita. Una forma che miscela una tecnica documentaristica ad un senso ed una prospettiva assolutamente filmici: un novus, il più adatto all’analisi e alla poesia che trasudano nei fotogrammi che catturano gli istanti di lenta e libera vita dei due amici in vacanza. L’estate già aliena di per sé nel tempo che si può perdere, gettare via: tutto sembra immobile e insieme rivelatore accelerato di invisibili verità. E la natura, come l’urbanizzazione, filtri percettivi così difficili da fissare ed isolare e che Bobbio cattura sapientemente. Merito di una fotografia gestita con assoluta padronanza nelle variazioni di intensità e contrasti, così nitida e profonda nello svelare all’occhio ciò che sta oltre il bosco, oltre il fiume, oltre gli sterrati, oltre i corpi, i volti e gli sguardi di Samuele e Matteo che impattano il reale e che sono nel reale simili a degli extra-terrestri: osservano, toccano, attraversano dei non luoghi e le persone che li abitano. Anime alla ricerca inconsapevole di senso e significato, che danno senso e significato al nostro sguardo. E le prospettive visive, nei tagli e nei respiri di campo, nelle istantanee di forma e materia sovraimpresse, grazie anche a location assolutamente azzeccate (dal centro commerciale al luna park, da costruzioni industriali ad aree in cui cemento e natura si fondono in una bellezza morbida ed asettica insieme, alla natura rivelata in modo sorprendentemente identitario), aggiungono al nostro puzzle sul mondo e la sua rappresentazione tutto quel mistero che contiene da sempre la vita.
Vorrei tanto fermare quel momento, quella stagione che I cormorani mi mettono davanti, fermare Matteo e Samuele a quella soglia bella e terribile dell’esistenza, ma non posso. Posso solo guardarli e lasciarli andare verso un mondo di cui smarriranno presto i codici, dimenticando spensieratezza e libertà, dentro il quale si era totalmente se stessi. Auguro a questa pellicola la diffusione che merita nel circuito italiano e non solo
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