Vediamo da vicino Tutto quello che vuoi.
Di cosa parla Tutto quello che vuoi
Seduti a un bar di Trastevere, quartiere storico romano, quattro giovani turbolenti, ignoranti e perdigiorno, un po’ vitelloni, un po’ ragazzi di vita, sono le persone più lontane possibili dall’arte e dalla poesia, per questo Alessandro, quando accetta malvolentieri di prendersi cura di un anziano poeta – accompagnarlo a fare lunghe passeggiate, e occuparsi di lui quando la mente offuscata dall’Alzheimer comincia ad annebbiargli i pensieri – si preoccupa di tenerlo nascosto ai suoi amici.
Alessandro non studia e non lavora, ma come i suoi amici del bar, è annoiato e disilluso da una vita sempre uguale e priva di stimoli. Così, l’idea più bella del film, dell’anziano poeta interpretato splendidamente da Giuliano Montaldo, smemorato e annebbiato dalla malattia, che in un ultimo atto artistico ha scritto in versi tutta la sua vita, vergando a mano le parole sui muri della sua stanza, è forse il primo incontro di Alessandro con qualcosa di veramente nuovo e stimolante, unico e incredibile. Un tesoro prezioso, proprio come quello che si nasconde tra le parole graffiate sui muri dal poeta, che guideranno i giovani ragazzi verso un viaggio e una nuova consapevolezza.
La poesia è l’elemento su cui ruota Tutto quello che vuoi (qui per saperne di più), un’impronta che l’anziano poeta lascia per ricordare il passato e l’arma con cui affrontare la vita e i sentimenti. Lo sguardo sensibile e intelligente dell’artista apre ad Alessandro nuove possibilità e nuovi strumenti per andare avanti e rimettere in gioco la sua vita.
Riflessioni sul film
Francesco Bruni, regista e sceneggiatore del film, trova nella scrittura le coordinate per un racconto di formazione e generazionale, d’amore e d’amicizia, ma anche per esorcizzare una malattia, l’Alzheimer, vissuta in prima persona dall’autore con il padre.
Per questo il racconto della malattia assume una tridimensionalità molto personale. Alle scene più drammatiche, che molto spesso sono state raccontate al cinema, si accompagnano scene di vita vissuta, di complicità, anche di ironia e comicità, smorzata nei suoi momenti più drammatici dalle scene con i quattro giovani romani.
Tra commedia e dramma, tra arte e vita di strada, sulla carta Bruni unisce tutti questi elementi, confermandosi ancora una volta una delle migliori penne del cinema italiano.
Ma quello che premia nella scrittura, non ha la stessa forza nella messa in scena. Il regista si adagia troppo sulla scrittura e lascia agli attori il compito di dare forma al film. La stanza, un’idea scenograficamente e visivamente così forte da rappresentare il pretesto su cui l’intero film prende forma, ad un livello puramente visivo viene solo mostrata e non raccontata.
Un film indebolito, probabilmente, da una recitazione non sempre all’altezza dei giovani ragazzi, alcuni alla prima prova davanti la macchina da presa, a partire da Andrea Carpenzano (Alessandro), che nonostante la presenza di Giuliano Montaldo e Emanuele Propizio, fatica a tenere il ritmo delle scene.
Proprio Giuliano Montaldo, capace di dare una personalità e una dimensione unica al suo personaggio, sorretto solo dalla scrittura, alla lunga perde la lucidità iniziale.
Se con Scialla! Francesco Bruni aveva trovato il ritmo giusto per dirigere l’esordiente Filippo Scicchitano, in Tutto quello che vuoi, purtroppo, non ripete quella magia.
E il film finisce per essere sulla carta un meraviglioso racconto che sullo schermo non riesce a rendere con la stessa intensità.
Alessio Paolesse