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‘I peggiori’ di Vincenzo Alfieri, un debutto che raggiunge il suo scopo riuscendo a divertire per novanta minuti con freschezza

I peggiori di Vincenzo Alfieri raggiunge il suo scopo riuscendo a divertire per novanta minuti con freschezza e, perché no, anche un po’ di furbizia

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I peggiori di Vincenzo Alfieri è attualmente disponibile su Tim Vision.

La recensione

D’altronde un po’ c’era da aspettarselo che, dopo il trionfo di Lo chiamavano Jeeg Robot, l’idea di cortocircuitare cinecomic e commedia italiana potesse fare gola anche ad altri.

Il primo, in ordine di tempo, è Vincenzo Alfieri, classe ’86, già noto ai più attenti per la webserie Forse non sono io, da lui scritta, diretta e interpretata. Il giovane autore qui fa praticamente tutto: dalla stesura del copione e la regia fino al montaggio, riservandosi inoltre anche il ruolo di coprotagonista insieme al bravo e (grazia alla recente fiction Rai La porta rossa) lanciatissimo Lino Guanciale.

E se, da un punto di vista commerciale, l’onda lunga da seguire è senza alcun dubbio quella dell’instant cult di Gabriele Mainetti, il grosso dell’ispirazione sembra però sia venuta ad Alfieri in tempi assai meno sospetti, ovvero quando, con Kick-Ass, Matthew Vaughn dimostrò al mondo come coi supereroi ci si potesse anche divertire. Il risultato è un allegro e colorato patchwork che, prendendosi assai poco sul serio, non deve nemmeno preoccuparsi troppo di mascherare i propri limiti, sia produttivi che testuali.

Ma Alfieri, come dicevamo, viene dal web e sa quindi bene come fare di necessità virtù ottimizzando un budget che immaginiamo risicato attraverso una regia che, già nervosa di suo, nei momenti più concitati si fa addirittura convulsa, così da far passare in secondo piano certe tare per così dire fisiologiche della messa in scena.

Il ribaltamento

Il concetto alla base de I peggiori è, ad ogni modo, quello del ribaltamento. Un ribaltamento prima di tutto semantico che prende l’archetipo marvelliano del supereroe senza macchia e lo italianizza in questi due scalcagnati fratelli, eroi loro malgrado, che fanno del bene ma solo dietro lauto compenso; ché, del resto, c’è la crisi che incombe. Il procedimento è più o meno lo stesso che poi porta l’autore a orientare il flusso della produzione di situazioni comiche tutto sui due Demolitori regalando invece i ruoli più seri proprio a due attori comici, Francesco Paolantoni e Biagio Izzo, qui nei panni di un avvocato male in arnese e di un disincantato detective.

Persino Napoli – al momento uno dei set preferiti dal cinema italiano e, di fatto, vera protagonista del film – subisce un’inversione di senso. La città che fa da sfondo a una storia così leggera, infatti, ne diventa in qualche modo il controcanto dark, attraverso un’amplificazione di certi suoi lati più oscuri. Una piccola metropoli che vive di contrasti, come quello tra i vicoli angusti (‘e viche addò nun trase ‘o mare degli Almamegretta) e il verticalismo del Centro Direzionale, ed è vittima accondiscendente delle mire espansionistiche di una malavita che, per una volta, non ha nulla a che fare con Gomorra, perché è quella ripulita e in giacca e cravatta dell’imprenditoria più spietata.

Tra citazioni e mancanze

Ecco, se nell’opera prima di Vincenzo Alfieri c’è del pur timido coraggio, è proprio nel non inseguire il modello di riferimento dei cinecomic anche nell’individuazione di un villain che sia dotato di carisma. Il cattivo de I peggiori non è identificabile, o almeno non solo, con l’infame palazzinara interpretata da Antonella Attili o con i suoi luogotenenti albanesi, ma è un intero sistema che forse puoi provare a scalfire – come del resto fanno i due Demolitori – ma mai combattere davvero, se non altro mai ad armi pari.

Se il film convince nel suo essere specchio (ovviamente oltremodo semplificato) di alcune problematiche attuali, lavora un po’ meno bene sul versante propriamente comico. A tratti Alfieri sembra sforzarsi troppo di far ridere e, quando questo accade, a mostrare la corda  sono proprio quelli che, almeno sulla carta, dovrebbero essere i veri punti di forza del film.

Nulla a che vedere insomma con le grasse risate di uno Smetto quando voglio, pellicola a cui pure I peggiori sembra pagare in parte pegno. Poco male, comunque, per un debutto che raggiunge il suo scopo riuscendo a divertire per novanta minuti con freschezza e, perché no, anche un po’ di furbizia.

Fabio Giusti

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