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Fernando Botero al Vittoriano di Roma: gli ottantacinque anni del maestro del volume espanso

Una grande bonomia sembra essere il logo delle opere di Botero, ma in realtà queste grandiose e monumentali figure dalle forme rotonde, sia che si tratti di umani, animali o nature morte, non sono rassicuranti, ma risultano spesso molto inquietanti o addirittura tragiche

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Chi non conosce le opere di Fernando Botero? Si tratta di un artista dal linguaggio coerente e riconoscibile, che è molto apprezzato dal pubblico di tutto il mondo. La mostra rappresenta oltre 50 anni di carriera del maestro, che vanno dal 1958 al 2016, ed è divisa in sezioni tematiche tra le quali spiccano le nature morte, i ritratti, le scene familiari, quelle della festa, del circo e i nudi, ma anche opere dedicate alla violenza in Colombia.

Le sue opere, infatti, rappresentano una sorta di unione tra la tradizione latino-americana e la pittura europea. Nella mostra in corso sono testimoni di questa commistione i grandi busti dedicati ai principi rinascimentali di Urbino, debitamente rielaborati secondo i larghi piani che caratterizzano il suo linguaggio.

Le figure grasse e voluminose, che egli costantemente rappresenta, rendono inconfondibile lo stile di questo artista il cui linguaggio suscita talvolta polemiche. C’è chi lo ama e chi o odia. C’è chi lo giudica un artista commerciale, ma cosa vuol dire poi questo termine? Il fatto di produrre un lavoro che viene apprezzato e acquistato è forse indice di mancanza di qualità o ricerca? In ogni caso la mostra presente a Roma, al Complesso del Vittoriano, rappresenta un’occasione per osservare da vicino, e stabilire un proprio rapporto, con più di cinquanta opere di pittura e scultura del prolifico artista colombiano ma apolide che, seppur ultraottantenne, è sempre molto attivo.

Una grande bonomia sembra essere il logo delle opere di Botero, ma in realtà queste grandiose e monumentali figure dalle forme rotonde, sia che si tratti di umani, animali o nature morte, non sono rassicuranti, ma risultano spesso molto inquietanti o addirittura tragiche. I volti, fissi e immobili, non sono mai sorridenti o sereni. I colori, ricchi e pastosi, sono composti con una scelta di vibrazioni che creano valenze positive, ma la luce stereometrica, che sembra derivare da suggestioni rinascimentali, e in particolare da Piero della Francesca, non ha ombre e rivela ogni piccolo particolare in maniera a volte impietosa e crudele. Nel mondo della bellezza anoressica, il logo corporeo ultra rubensiano di Botero rappresenta però anche una sfida e, a suo modo, un ironico ammonimento.

Fernando Botero, nato a Medellín, in Colombia nel 1932, era presente all’imaugurazione della mostra e non ha mancato di sottolineare che per lui dipingere è gioia e che le sue opere sono amate dal pubblico perché sono sensuali e semplici a un tempo, vicine a chi guarda.

La mostra, promossa dall’Assessorato ai Beni Culturali di Roma Capitale, con il patrocinio della Regione Lazio, è organizzata da Gruppo Arthemisia e Mondo Mostre Skira, ed è curata da Rudy Chiappini in collaborazione con l’artista. Complesso del Vittoriano. Fino al 27 agosto 2017.

Alessandra Cesselon

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