Il titolo originale è The boy who cried werewolf, ma è anche come Il figlio dell’uomo lupo che è stato trasmesso dalle emittenti televisive italiane.
Ultima prova registica del Nathan Juran che si occupò di fanta-cult del calibro de La mantide omicida (1957) e A 30 milioni di km dalla Terra (1957), Mai con la luna piena (1973) prende il via dal momento in cui Robert, sulla via del divorzio e interpretato dal Kervin Matthews de Il 7° viaggio di Sinbad (1958), decide di trascorrere un week-end all’interno di una casetta sperduta tra i boschi insieme al figlio Richie alias Scott Sealey; senza immaginare di rimanere ferito quando, durante una passeggiata, finisce aggredito da una bestia che il ragazzo è convinto essere un lupo mannaro.
Infatti, è proprio in un licantropo continuamente in cerca di innocenti da uccidere che, in seguito, comincia a trasformarsi nelle notti di luna piena; mentre un gruppo di Jesus freak che predicano pace e amore si installano nella zona, ignari del pericolo incombente.
Perché è proprio attraverso la presenza di questi ultimi che l’elaborato in questione s’immerge nell’attualità dell’epoca; tanto più che la tematica di fondo della separazione di coppia provvede ad accentuare ulteriormente il (sotto)testo sociologico di un’operazione che, in maniera evidente, intende filtrare attraverso il genere il rapporto padre-figlio.
Man mano che qualche cadavere sparso e un assalto da parte del mostro ad una roulotte movimentano una circa ora e mezza di visione caratterizzata da classiche mutazioni a base di effetto fotografico con sovrapposizioni, le quali rimandano non poco ai vecchi werewolf movie sfornati dalla Universal (del resto, le innovazioni nel campo dell’effettistica sarebbero arrivate soltanto nel decennio successivo, grazie a L’ululato di Joe Dante e Un lupo mannaro americano a Londra di John Landis).
Lo riscopre su supporto dvd Sinister Film (www.cgentertainment.it), che, a proposito di effetti a base di sovrapposizioni, recupera dal dimenticatoio anche La vendetta di Lady Morgan (1965), diretto dal Massimo Pupillo (ma sotto pseudonimo Max Hunter) che firmò anche il lodevole 5 tombe per un medium (1965) e il ridicolo Il boia scarlatto (1965).
Fino ad oggi piuttosto raro e, di conseguenza, rientrante tra i titoli maggiormente ricercati dai collezionisti di home video seguaci del gotico tricolore, un film di fantasmi a tinte sentimentali che, girato in bianco e nero, pone al proprio centro Susan Morgan, giovane discendente di una nobile famiglia inglese incarnata dalla Barbara Nelli di Donne… botte e bersaglieri (1968) e in attesa dell’arrivo del suo amato, ovvero l’architetto Pierre Brissac con le fattezze di Michel Forain.
Amato con il quale progetta di andare all’altare ma che, nell’attraversare la Manica, viene gettato in mare e dato per morto; così che la donna, in preda alla rassegnazione, si trova costretta a sposare il sir Harold cui concede anima e corpo il fantozziano Paul Muller, unicamente interessato alla sua eredità.
Non a caso, ha già architettato di eliminarla supportato dalla governante Lilian e dal maggiordomo Roger, con i volti di Erika Blanc e Gordon Mitchell; e, sebbene i loro piani non vadano in porto come previsto, la vicenda prende ugualmente una piega tragica, con conseguente entrata in scena di vendicative figure spettrali e perfino esseri bisognosi di succhiare sangue per prendere forma, un po’ come i vampiri.
E, al di là della buona prova sfoggiata dal cast, provvede la colonna sonora a cura del maestro Piero Umiliani ad arricchire un cupo spettacolo di suspense che non manca di regalare occasioni di divertimento, in particolar modo agli spettatori maggiormente nostalgici nei confronti di una certa cinematografia nostrana, ormai da troppo tempo tramontata.
Entrambi i dischi sono corredati di trailer nella sezione riservata ai contenuti speciali.