Una grande perdita per il cinema, e ancor più per la città di Milano, quella di Antonio Sancassani! Un’istituzione. Un grande esempio di libertà e di indipendenza. Un amico per molti.
Vogliamo commemorarlo riproponendo quanto scritto da noi tempo fa a proposito del documentario di Michele Rho, Mexico! Un cinema alla riscossa.
Nella recensione che segue parliamo di una fedeltà al cinema di quasi quarant’anni. Potremmo dire anche quarantacinque, oggi. Il film di Rho è un omaggio sincero alla figura di un uomo che, allora e fino ad ora, ha mantenuto impegno e coerenza (uniti all’amore per il cinema, condiviso generosamente con il suo pubblico).
Mexico! Un cinema alla riscossa. La recensione del film di Michele Rho
Per chi vive a Milano e il Mexico lo frequenta da tempo, è bello vedere il proprietario del cinema, Antonio Sancassani, che, in apertura del film, Mexico! Un cinema alla riscossa, si racconta, che esordisce parlando di libertà e indipendenza: La libertà è la cosa più bella del mondo. É quella che io inseguo da sempre. É il sale della vita.
Soprattutto a chi può incontrarlo quando non è indaffarato e scambiarci piacevolmente quattro chiacchiere. Perché lui ama parlare, di cinema, ovviamente, ma anche del suo lavoro in generale e di episodi, vecchi e nuovi, in particolare. A chi scrive è dispiaciutoavergli comunicato qualche riserva su un suo film, dopo la visione, perché non solo il cinema Mexico è una sua creatura, ma sono figli suoi anche i film che sceglie con tanta cura. E i figli degli altri si rispettano.
La sua passione non coinvolge solo Milano. Il film infatti è già stato richiesto in altre venti città; Sancassani lo accompagnerà insieme al regista, per quanto possa stare davvero lontano dal Mexico. É una paternità, la sua, di quasi quarant’anni, durante i quali la creatura è cresciuta, con le difficoltà che si possono immaginare, ma ha fatto crescere anche gli spettatori.
Nel documentario ne parlano Paolo Mereghetti e Maurizio Porro, due istituzioni, critici che conoscono benissimo il cinema milanese e quello nazionale e, tra gli altri, due amici di Antonio: Giorgio Diritti (Il vento fa il suo giro è stato in programmazione quasi due anni), e Isabella Ragonese, grata a San Scassani (così dice lei, un santo, una figura epica) che ha decretato il successo de Il primo incarico di Giorgia Cecere, in sala per sei mesi, e recentemente ha scommesso su Il padre d’Italia, entrambi con lei come protagonista.
Scommesse non tutte vinte alla grande come i due esempi precedenti, e come quella strepitosa di Rocky Horror Picture Show, programmato da trentasei anni, che ancora adesso vede gli attori sul palco o interagire con il pubblico mentre la pellicola va sullo schermo. Claudio Bisio ricorda le cinquantamila lire guadagnate nel primissimo cast di cui faceva parte. Grande, grandissima intuizione dedicare le serate ai film musicali di allora fino all’exploit di Rocky horror.
Il coraggio è fondamentale
Ci vuole tanto coraggio ad accettare, come fa il papà del Mexico, le sfide dei registi esordienti, snobbati dalla grande distribuzione, e tanta pazienza ad ascoltarli tutti, tutti i giorni, visionarne i materiali, e pare che lui dia tempo e disponibilità a chiunque lo cerchi. É cominciato in questo modo anche il legame con Michele Rho, il quale sperava che il Mexico potesse ospitare il suo film, Cavalli. Durante il tempo passato tra la promessa e la proiezione, Michele Rho ha continuato ad andare da Antonio Sancassani non più per avere una risposta, bensì per parlare con lui e ha deciso così di filmarlo e farlo conoscere a tutti, ora, finché il Mexico è ancora in vita.
Racconta di aver seguito Antonio nella sua quotidianità lavorativa e privata (nella casa al lago, per esempio) per due anni, a intervalli, di aver cominciato senza fondi, con l’urgenza “tipica di un’esclamazione”. L’esclamazione non è solo nel titolo del documentario. É la gratitudine verso un uomo che “sogna il sogno del cinema” ed altri come lui nel nostro paese, gestori di mono-schermi, che si fanno sempre più rari.
Mexico! Le difficoltà del cinema
Chiamarsi fuori dai circuiti degli altri, dalle distribuzioni imposte, non è solo poesia e gratificazione. Gli esercenti come lui devono fare quasi tutto da soli, rischiare l’insuccesso, valutare di volta in volta il film da scegliere, se toglierlo quando non va, o se è il caso che il passaparola faccia il suo corso e aspettarne pazientemente i tempi, rischiare ogni settimana, ogni giorno della settimana. D’altra parte, Sancassani dice che potrebbe vendere e ritirarsi in riviera, ma non ha nessuna intenzione di farlo.
E così continua (per fortuna) a lavorare e regalarci altre sorprese cinematografiche, ad andare con il suo passo da sceriffo, così lo definisce Rho, che ha fatto comporre per lui una musica alla Ennio Morricone, quasi da film western.
Un tuffo nel passato
Il documentario ci commuove anche nelle escursioni in un passato milanese che vedeva duecento sale, molte delle quali in centro, in Corso Vittorio Emanuele, la sera ora quasi deserto, tanto vivace da essere chiamato Piccola Broadway. Il cinema Mexico era nella periferia più nebbiosa della città, quella che, dice Moni Ovadia, era la Milano proletaria dell’Ansaldo, e ora invece si ritrova suo malgrado nella zona modaiola del Fuori Salone, quella culturale del Mudec, e del vicino Silos Armani. Tutte novità che Sancassani non ama, perché nei periodi più festaioli del quartiere vien proprio voglia di spingere la gente indifferente al cinema fin dentro la sala.
Michele Rho non risparmia neppure le battute ironiche e qualche parolaccia del suo eroe del quotidiano, quando prende bonariamente in giro le signore che pur di risparmiare pochi euro dichiarano sfacciatamente la loro età, o quando strapazza il ragazzo del minibar.
Durante l’anteprima si ride, si partecipa empaticamente, ci si preoccupa per il futuro del cinema, che il regista di questo documentario però, sognatore come la persona al centro del suo lavoro, che si è fatta personaggio (ma per noi a Milano lo era già), non vuole dare per morto.