East End, l’irriverente film d’animazione di Luca Scanferla e Giuseppe Squillaci. Cosa succede se due gemellini genialoidi dirottano il segnale di un satellite militare super-segreto sullo Stadio Olimpico per vedere “a gratis” con gli amici l’imminente derby Roma-Lazio? Probabilmente un disastro, che si consuma sullo sfondo di una Capitale devastata dalla speculazione edilizia e dalla malapolitica.
East End: la trama
Totti segnerà il goal della vita; dei fantasmi cercheranno la pace attraverso la vendetta; le gesta di un coraggioso astronauta brilleranno nel cosmo. Tutto ruota intorno a un gruppetto di scaltri bambini – dei miston di truffautiana memoria potremmo dire – che con dissacrante ironia si confrontano col mondo dei grandi.Leo, Lex, Vittorio e gli altri sono i piccoli protagonisti di East End. Costoro vivono una vita semplice e scanzonata, dove una partita di calcio può riempire una intera settimana e diventare la cosa più importante, quando si abita nella periferia di Roma, nel nuovissimo quartiere di East End. Una storia dove l’amicizia, la tolleranza e l’accettazione della diversità, propria e altrui, risultano essere le risposte migliori alla stupidità di un mondo governato da degli adulti spesso inadeguati.
East End: una comicità immediata
Un inizio scoppiettante, con una comicità immediata, seppur non “facilona”, cattura l’attenzione dello spettatore. Sono sufficienti pochi minuti, per collegare questo film di animazione a una opera di culto che ha fatto della irriverenza il proprio vessillo, quel South Park, serie ideata da Trey Parker e Matt Stone, che dal 1997 non cessa di mostrarsi “cattiva” e politicamente scorretta. Assieme alla produzione americana, East End condivide l’attenzione verso i temi di attualità, nel mostrare senza veli la società di oggi, fatta di tanta violenza e con le parolacce che sono diventate una insopportabile “forma di comunicazione”.“Adulto”, questa dovrebbe essere la parola chiave per connotare la pellicola, nella sua denuncia di vari episodi legati alla politica, ad esempio, la controversia sull’acquisto da parte dell’Italia di un cospicuo numero di caccia F-35 dagli USA.
Alla stessa stregua del sopracitato South Park, ciò avviene per mezzo di numerosi riferimenti alla cronaca, nonché con delle simpatiche “citazioni” da film celebri: è il caso di una scena ripresa dal capolavoro di Sergio Leone, C’era una volta il West (1968), dove si mostra proprio la uccisione di un bambino.
Un film complesso
Qui sorge il dilemma se un pubblico composto da giovanissimi possa seguire i costanti rimandi della trama al mondo esterno, con il risultato di infrangere quell’incanto che dovrebbe contraddistinguere un cartone animato. Poco servono il bel tratto naïf di Andrea Minella (disegnatore dei personaggi) e le colorate scenografie di Paolo Maddaleni ad attenuare una certa inquietudine di fondo che si percepisce lungo tutta la storia. Non siamo, quindi, convinti della giustezza delle lamentele espresse dagli autori e dal distributore al momento della conferenza per l’anteprima stampa, nello stigmatizzare il “vietato ai minori di 14 anni” imposto dalla censura. Come studiosi di cinema non amiamo certo i divieti, però quando si tratta di un cartone animato il discorso cambia. Vero, a casa propria ognuno vede e fa quello che vuole, ma in un teatro pubblico non è possibile portare avanti tale ragionamento.
Considerato che, contesto italiano escluso, l’opera di Scanferla e Squillaci riprende a piene mani da South Park, che ne condivida allora le polemiche e i limiti imposti dalla censura. Impedire a dei teenager moderni di vedere la pellicola può forse essere esagerato. Purtuttavia, dai 12 anni in giù riteniamo sia meglio evitare. Troppo sangue e sesso veicolati con eccessiva speditezza e poco discernimento, in una narrazione intrisa di richiami alla politica e persino al Vaticano! Tutto questo può solo che generare confusione in un bambino, il quale sicuramente comprendere quello che vede, ma non quello che gli viene raccontato.
Conclusioni
Tirando le somme, East End può senza dubbio alcuno divertire, grazie alla sua ironia e vivacità cromatica. Nondimeno, manca, come abbiamo ripetutamente indicato, di una sua originalità nello spunto. Buono, ma non speciale, questa è la nostra conclusione. La sola cosa davvero “unica” in questa opera è la presenza di una canzone, composta appositamente per il film e dal titolo Tu sei amico mio, dei mitici Superobots: autori di indimenticabili sigle dei cartoni nipponici tra la fine degli anni ’70 fino a metà degli anni ’80, tra le quali quella stupenda di Ufo Diapolon (UFO戦士ダイアポロン, “UFO Senshi Daiaporon”, 1976 – 1977).
Ecco, questi sì che erano cartoni animati davvero per tutti, a cominciare dai bambini. Delle serie le cui storie, spesso fantastiche o di fantascienza, mai rovistavano nel sordido del quotidiano, stimolando, per converso, il sogno, la fantasia, nonostante fossero portatrici di messaggi potenti, magari talvolta riassuntivi, eppure decisamente ricercati nei concetti.
Riccardo Rosati