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DVD/Blu Ray

Eliana e gli uomini, di Jean Renoir con Ingrid Bergman, in dvd con CG Entertainment

«E se Eliana e gli uomini è il film francese per eccellenza, è perché è il film più intelligente del mondo. L'arte e al tempo stesso la teoria dell'arte. La bellezza e al tempo stesso il segreto della bellezza. Il cinema e la spiegazione del cinema.[...]» (Jean-Luc Godard)

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Sinossi:
Elena Sorokovska, vedova in esilio di un principe polacco è una giovane donna stravagante che vive a Parigi intorno al 1880. È persuasa di poter aiutare gli uomini celebri a raggiungere le mete del successo: il suo talismano è una margherita. Il primo personaggio a cui si dedica è François Rollan, un generale molto popolare. Suo amico è il visconte di Chevincourt, un amabile gentiluomo anch’egli innamorato d’Elena. Nella vita della principessa appare un altro uomo, il ricco industriale della calzatura, Martin-Michaud, che la chiede in sposa. Ella accetta il suo invito a recarsi nel suo castello di Bourbon-Salins. Nel castello si ritrovano tutti: Rollan, suo figlio Godin, fidanzato con la figlia di Martin-Michaud, Chevincourt. La festa proseguirà nell’accogliente dimora di Rosa la Rose. Ad essi si aggiungerà un gruppo di gitani. Rollan fugge con la padrona di casa, Elena cadrà nelle braccia di Chevincourt e Martin-Michaud si consolerà con una bottiglia di champagne.

Recensione
«E se Eliana e gli uomini è il film francese per eccellenza, è perché è il film più intelligente del mondo. L’arte e al tempo stesso la teoria dell’arte. La bellezza e al tempo stesso il segreto della bellezza. Il cinema e la spiegazione del cinema.[…]» (Jean-Luc Godard).

Le parole di Godard non sono provocatorie né eccessive, in quanto Eliana e gli uomini (1956), girato subito dopo French Cancan (1955) e La carrozza d’oro (1953), con i quali costituisce una trilogia sulle forme del cinema, è nuovamente una riflessione profonda sulla natura della rappresentazione. Il corpo di Ingrid Bergman (la principessa Elena Sorokovska, straniera in un mondo che attraversa gioiosamente) si insinua negli spazi saturi della messa in scena di Jean Renoir, il quale allestisce una parata colorata, vitale, animata da una folla che occupa molte inquadrature, che quasi traboccano, colme come sono di visi, espressioni, cappellini, occhi che bramano di catturare un fuori campo fatalmente interdetto allo spettatore: una moltitudine che sembra inghiottire la singolarità dell’attrice svedese, ma che, in realtà, ne agevola il processo di soggettivazione, laddove è proprio all’interno del densissimo tessuto comunitario francese che la donna, assai schiva a qualunque tipo di rapporto che la coinvolga davvero, riesce, alla fine, a rimodulare il proprio personale modo di donarsi.

Il fatto che l’azione si svolga a ridosso dei festeggiamenti per la presa della Bastiglia (siamo intorno al 1880) rivela chiaramente l’intento di Renoir di articolare, attraverso il ricorso ad espedienti leggerissimi e profondi al tempo stesso, un discorso sul rapporto tra il soggetto e la rappresentazione, la quale viene amplificata a dismisura, quasi in maniera irritante a tratti, proprio per provocarne il collasso, per svelarne l’inconsistenza, per fare segno a un’altra temporalità che insiste fuori campo e che vive giustapposta all’apparente linearità di una narrazione in cui la diffusa coralità impedisce a chi guarda di focalizzare l’asse principale dello sviluppo della trama. I dialoghi si sovrappongono continuamente, così come i due temi principali che attraversano il film: quello politico (comunitario) e quello sentimentale (soggettivo). Vi è tra essi un andirivieni che spariglia continuamente le carte in tavola, e Renoir pare un po’ prendersi gioco dello spettatore, nella misura in cui forza talmente la rappresentazione da provocare non poco frastornamento. Ma non è una burla, piuttosto viene mostrato il dritto e il rovescio, il confine tra l’ordine simbolico e ciò che lo eccede, e quindi si naufraga, si è inghiottiti da un punto cieco, un vortice in cui il linguaggio  viene costantemente contraddetto. Tutto quel brusio provocato dalle situazioni ingorgate ed esasperate che abbondano nel film si traduce in un silenzio, anzi in una musica, in una melodia che costituisce una sorta di sintesi tra l’eccesso verbale e il mutismo. È in essa, e solo in essa, che si riversa il senso che pare latitare altrove: «O notte, amica mia, ti aspetto/o notte, portami un amante/o notte, confonditi con i miei capelli/Un amante che amerà me sola/e al mattino partirà senza rumore/O notte ti prego/fammi dimenticare il mio amante/quando si spegnerà la mia febbre./Fammi dimenticare l’arsura del mattino/fammi dimenticare i sassi della strada».

È in guizzo improvviso, in un momento, che si coagula tutto ciò che pareva buttato un po’ disordinatamente di fronte allo sguardo dello spettatore. È li che risiede il punto di velocità massima, un divenire sottratto alle maglie immobilizzanti della rappresentazione, lasciato libero di fluire in alcune fugaci note che ristorano l’udito,  e che negano, paradossalmente, il primato della vista. L’occhio viene accecato: si costringe chi guarda a fare affidamento sul solo ascolto, e il senso così evocato, ma ‘non detto’, viene finalmente vissuto sotto forma di un’intensa esperienza, perché, per la sua volatilità, non può essere tradotto in linguaggio, né, quindi, riferito.

«Al canto della gitana gli dei sono tornati sulla terra. I contadini dimenticano la loro collera, i cospiratori dimenticano il loro complotto, il generale Rollan ritrova la sua amante.[…] Le ambizioni, le collere svaniscono, ci si abbraccia, la margherita cade a terra. Elena non se ne accorge nemmeno: è nelle braccia di Henri, ma non per caso, non portata dalla folla ma perché vuole essere nelle braccia di Henri.» (Jean Renoir, La vita è cinema. Tutti gli scritti 1926-1971, pag. 306).

Quel canto è tutto un obliarsi, un dimenticare: il soggetto non è più la somma delle sue conoscenze e dei suoi vissuti, piuttosto diviene un movimento generato dall’entusiasmo, da un desiderio che si è liberato del suo oggetto, poiché lo contiene in sé già da sempre; desiderio che, non essendo più innescato da un istinto di appropriazione, è preso in un vortice, in una danza comunitaria che ne corregge la traiettoria. Non più dialettica, dunque, ma un piano d’immanenza in cui tutto scorre senza attrito, gioiosamente (ecco il risvolto virtuoso della società liquida di Zygmunt Bauman).

«In Eliana e gli uomini, tutto il film danza, dalla parola (i dialoghi amorosi tra i vari uomini e Eliana stessa), al colore (la miriade di colori dei costumi che diventano una sorta di paesaggio cromatico in movimento nelle scene collettive, dalla parata iniziale all’assembramento finale di fronte alla casa di Eliana), ai corpi (gli inseguimenti fra amanti, che replicano quelli de La regola del gioco, ma immersi in un’atmosfera più lieve e sensuale). Il cinema stesso ritrova il suo movimento più originale, quello del desiderio; il desiderio che il mondo si muova di fronte allo sguardo dello spettatore immobile e che questo movimento lo trascini con sé.» (Daniele Dottorini, Jean Renoir. L’inquietudine del reale, p.110.)

La rappresentazione si affloscia su se stessa come gli orologi penzolanti di Salvador Dalì, ma Renoir non compie un’ingenua operazione di iconoclastia (di cui troppo spesso si è ingenuamente abusato); come solo i veri grandi artisti, che sono rari, sanno fare, s’intrattiene tenacemente presso le falde dell’ordine simbolico, lasciando pulsare l’invisibile, o ciò che si situa al di là del visibile. Ancora meglio: fa sprofondare il visibile nell’invisibile. Si crea in tal modo una vertigine, una piega, in cui si va a depositare il senso, che non è, quindi, assente, com’è diffusa convinzione, ma viene custodito in un luogo sicuro per evitare che qualcuno  tenti di mettervi maldestramente sopra le mani (il ‘titanismo’ è sempre in agguato).

Pubblicato da Sinister Film e distribuito da CG Entertainment, Eliana e gli uomini è disponibili in dvd, in formato 1.33:1 con audio originale e in italiano (DD Dual Mono) con sottotitoli opzionabili. Nei contenuti speciali la galleria fotografica.

Luca Biscontini

Trova Eliana e gli uomini su CG Entertainment

  • Anno: 1956
  • Durata: 96'
  • Distribuzione: CG Entertainment
  • Genere: Commedia
  • Nazionalita: Francia
  • Regia: Jean Renoir

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