Gli invasori spaziali, realizzato nel 1953 da quel William Cameron Menzies più noto per l’attività di scenografo (vinse due premi Oscar in questo ruolo) che per quella di regista (con una breve filmografia), è un film che incarna in maniera esemplare l’iconografia di tanto cinema che nel tempo si è confrontato con il tema dell’incontro tra l’umanità e una civiltà aliena. Ciò che lo ha reso nel tempo un oggetto di culto è in particolare la messa in scena dello spirito di un popolo, quello americano, il quale, di fronte a una minaccia che ne mette a repentaglio l’esistenza, fa cerchio, si coalizza, rivelando una coscienza comunitaria fortissima. Il film affascina per l’artigianalità, laddove le ridotte risorse a disposizione imposero di trovare escamotage visivi, frutto di un grande lavoro di scrittura e immaginazione, attraverso cui sopperire alla mancanza di costosi effetti speciali. Gli invasori spaziali, inoltre, è stato un film capostipite per aver trattato con un certo rigore tutte quelle implicazioni psicologiche derivanti dall’ancestrale paura nei confronti di ciò che è ignoto e che all’improvviso si presenta, irrompendo, con intenzioni tutt’altro che pacifiche.
La trama è semplice quanto efficace: un ragazzo scopre che un gruppo di marziani atterrati sul pianeta Terra sta trasformando in automi alcuni abitanti del luogo. Tra i ‘robotizzati’ ci sono suo padre, sua madre e una sua amica. Nessuno però gli crede, tranne una giovane dottoressa. Insieme i due tentano di sconfiggere gli invasori dovendo lottare in primo luogo contro lo scetticismo generale.
Il tema del controllo mentale esercitato dalle entità aliene sugli esseri umani costituisce un punto decisivo della narrazione, perché consente di articolare un riuscito crescendo drammaturgico, laddove è l’improvviso mutamento dei soggetti all’interno di un quadro comunitario fortemente radicato in un ordine simbolico rigido ma funzionale ad essere al centro della messa in scena, mentre la rappresentazione visiva degli extra terrestri interviene (giustamente e astutamente) solo nell’ultima parte del film. E se deludono in parte i ‘soldati’ dell’esercito venuto dallo spazio – sono degli omoni verdi che si muovono goffamente, ricordando un po’ i nostri primati – molto interessante risulta invece l’immagine, mostrata con parsimonia e a intermittenza, del loro capo, una testa contenuta all’interno di un’ampolla di vetro munita di tentacoli che ne guarniscono la figura: nonostante siano passati quasi 65 anni, questa improvvisa apparizione colpisce non poco lo spettatore contemporaneo, che difficilmente riuscirà a dimenticare quei primi piani intensi e densi di mistero.
A completare il quadro complessivo concorre, come si diceva all’inizio, il patriottismo statunitense che, con sprezzo del pericolo, produce uno scontro frontale con il nemico, riuscendo alla fine a spuntarla.
Da segnalare che la Collector’s Edition del dvd contiene, oltre al film di William Cameron Menzies, anche Invaders, il famoso remake del 1986 realizzato da Tobe Hooper (il celebre autore di Non aprite quella porta), restaurato in HD. Un motivo in più per non lasciarsi scappare questa preziosa edizione per l’home video.
Pubblicato da Sinister Film e distribuito da CG Entertainment, Gli invasori spaziali è disponibile in dvd, in formato 1.33:1 con audio in italiano e originale (DD Dual Mono) e sottotitoli opzionabili. Nei contenuti extra il trailer cinematografico. Contenuti secondo disco: Invaders (1986) di Tobe Hooper, in formato 2.35:1 con audio in italiano e originale (DD Dual Mono) con sottotitoli opzionabili. Nella sezione extra: “Mission to Mars: gli effetti speciali di Alec Gillis”; Galleria fotografica.
Luca Biscontini
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