Fred Zinneman, il grande regista americano autore di Mezzogiorno di fuoco (1952), insignito di ben 5 premi Oscar nel corso della sua carriera, nel 1948 realizzava uno dei noir più significativi degli anni quaranta, quell’Atto di violenza (Act of violence) che, oltre a destare la più viva attenzione nello spettatore per l’intrigo che metteva in scena, interrompeva la narrazione, spesso veicolata dal cinema di Hollywood, dell’eroismo statunitense. La guerra era finita da appena tre anni e gli Stati Uniti vivevano un periodo di grazia, che li vedeva in forte ascesa nel panorama internazionale, di cui erano, a quel punto, gli attori principali. Stupisce, a maggior ragione, che in un momento così aureo, ‘l’industria dei sogni’ abbia prodotto un film che andava in tutt’altra direzione, dando forma alla figura di un antieroe che metteva in discussione l’intera epopea di una nazione.
Il protagonista, Frank R. Enley (Van Heflin, anch’esso vincitore di un premio Oscar al miglior attore non protagonista nel 1943 per il film Sorvegliato speciale), è un americano modello, imprenditore, con una moglie giovane e bella (Janet Leigh, l’indimenticabile protagonista di Psyco di Alfred Hitchcock), un bambino piccolo e una deliziosa villetta a Santa Lisa in California. Tutto nella sua vita sembra in perfetta armonia, sebbene nel prologo Zinnemann ci catapulti immediatamente nel vivo dell’azione, mostrandoci un uomo dall’aspetto losco (Robert Ryan), claudicante, entrare in un appartamento per cercare una pistola. L’atmosfera, dunque, parte subita tesa, per poi ceder il passo alla messa in scena della vita felice di Frank. Insomma, i due termini della situazione vengono introdotti, e successivamente messi in un rapporto dialettico, anzi, forse, a rigore, quella di Joe Parkson (Ryan) può essere considerata l’irruzione del ‘Reale traumatico’ che scompagina l’ordine simbolico in cui Frank è saldamente inserito. L’antefatto dello scontro risiede nel passato comune dei due uomini, i quali durante la guerra erano stati internati in un campo di prigionia tedesco, in cui Frank, il maggior graduato del manipolo di soldati americani, si rese colpevole di un gesto apparentemente mosso da ragioni benevole: scongiurare il tentativo di fuga di alcuni suoi uomini, per evitare che venissero uccisi. Per tale motivo aveva avvisato il comandante del campo nazista, ma il risultato fu che i fuggitivi vennero barbaramente uccisi, circostanza da cui Frank trasse giovamento, in quanto gli venne concesso quel cibo negato agli altri compagni.
Considerato, nonostante questo terribile evento, un eroe di guerra, Frank, che nel frattempo aveva completamente ricreato la propria vita, viene raggiunto da Joe, da un passato che non può essere rimosso, e che si ripresenta in maniera più che mai angosciante e violenta.
L’impianto della sceneggiatura è, dunque, più solido che mai, nella misura in cui dà forma a una tragedia a tutti gli effetti, e Zinneman è abilissimo a restituire il senso di tensione che pervade il film, inserendo il protagonista in un contesto urbano freddo, ostile, buio, in cui si consuma una disperata fuga, segnata da incontri torbidi, che contribuiscono ad appesantire la già funesta atmosfera.
Da segnalare, in particolare, la splendida sequenza in cui seguiamo Frank, ubriaco e frastornato, in una corsa affannata all’interno di una galleria: le voci del passato tornano a perseguitarlo, mettendolo seccamente di fronte alle sue responsabilità. Il finale, che ovviamente non sveliamo, riequilibra, a suo modo, la vicenda, ma con dei toni assai amari che concludono coerentemente una brutta storia.
Pubblicato da Sinister Film e distribuito da CG Entertainment, Atto di violenza è disponibile in dvd, in formato 1.33:1, con audio in italiano e originale (DD Dual Mono) e sottotitoli opzionabili. Nei contenuti extra la galleria fotografica.
Luca Biscontini
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