Amore tossico, un film del 1983 diretto da Claudio Caligari. Tema centrale della pellicola è la dipendenza dall’eroina che afflisse molti giovani negli anni ottanta. Particolarità del film è quella di avere come attori protagonisti persone realmente eroinomani o che comunque avevano avuto un passato di tossicodipendenza.
La trama di Amore Tossico
Un gruppo di tossicodipendenti romani, tra cui Cesare Ferretti, Michela Mioni, Enzo Di Benedetto, Roberto Stani detto Ciopper, Massimo Maggini, Falerio Ballarin, Loredana Ferrara, Debora (Fernando Arcangeli) e Teresa (Clara Memoria) trascorrono la propria drammatica routine tra la spiaggia di Ostia e Roma (nel quartiere Centocelle) attraverso il consumo degli stupefacenti, i piccoli litigi, le rapine ed i furti commessi per procurarsi la dose quotidiana (ed i relativi guai con la polizia e la giustizia) e la fioca speranza di poter cambiare vita e di disintossicarsi. Attraverso uno sguardo che ricorda molto quello dell’Accattone pasoliniano e un taglio quasi documentaristico, la loro vita prosegue ripetitiva, senza un futuro apparente o un evento che possa porre termine – nel bene o nel male – alla loro drammatica situazione.
Caligari e l’iperrealismo
L’iperrealismo di Amore tossico non trova a tutt’oggi equivalenti che possano accostarvisi per intensità e profondità d’osservazione. Crudezza delle immagini a parte, Claudio Caligari è riuscito a rappresentare con nitidezza il microcosmo dei tossicodipendenti raccontandolo dall’interno. Da questa originale ricognizione emergono l’umanità e la sofferenza di uomini e donne avviluppati in una spirale vorticosa, quella dell’eroina, che se da un lato crea un vuoto in cui non si può che sprofondare, dall’altro, paradossalmente, lo riempie, dettando i tempi e i modi di uno stile di vita ben determinato. Procurarsi una dose ad ogni costo è il diktat quotidiano che sostiene le cadenze esistenziali dei protagonisti. (Continua a leggere la recensione)