Ieri il Lucca Film Festival e Europa Cinema 2017 è arrivato alla sua sesta giornata di programmazione e ha avuto l’onore di ospitare Willem Dafoe: un pezzo della storia del cinema mondiale. Ieri pomeriggio ho avuto il privilegio di intervistare mr. Dafoe e appena possibile la nostra conversazione verrà pubblicata.
Ma, facendo un piccolo passo indietro, ieri mattina, quel monumento vivente che si chiama Willem Dafoe ha voluto incontrare il pubblico del LFFEC per una lezione di cinema. Presso la bellissima cornice del Teatro del Giglio si è tenuta, infatti, la lezione di cinema di mr. Dafoe che ha ammaliato per oltre un’ora e mezza tutti i presenti.
Lavorando tanto a teatro che al cinema è venuto spontaneo domandare all’attore che differenza sussista tra teatro e cinema e lui ha risposto che “fare cinema è catturare, teatro è far rivivere” e che, di norma, il teatro permette una maggiore libertà creativa rispetto al cinema. Anche se, ha aggiutno, con l’imporsi del digitale le cose sono abbastanza cambiate in quanto, non essendo più presente la pellicola si può anche ripetere all’infinito una scena e ciò permette all’attore di migliorasi ogni volta.
Dafoe ha sostenuto di non avere “un metodo di recitazione” in quanto, secondo lui, ogni prova che ha dovuto sostenere è sempre diversa e quindi anche il suo modo di affrontarla deve essere tale: l’importante è essere attivi e flessibili. Costantemente pronto a ricevere nuove indicazioni dal regista e aiutarlo al meglio.
Si è parlato della collaborazione tra lui e alcuni registi, come ad esempio Michael Cimino con cui, Defoe ci racconta, iniziò una collaborazione per la realizzazione del film I cancelli del cielo. L’attore racconta, con un certo sens of humor di come sia stato cacciato dal set per aver riso ad una battuta durante una prova luci.
Defoe ha così descritto il suo primo rapporto con Paul Schrader
Con Paul ho lavorato 5 o 6 volte, lui è molto formale nel suo approccio, durante le riprese de Lo Spacciatore non mi parlava mai e alla fine diventai paranoico, pensavo non gli piacesse quello che faccio e proprio quel giorno in cui era diventata un’ossessione mi disse “Ah, comunque non ti dico molto perché stai facendo bene.
Parlando invece della collaborazione con Walter Hill, Dafoe ricorda come gli venne chiesto, per il film Strade di fuoco di interpretare bene o male lo stesso personaggio da lui fatto in The Loveless di Kathryn Bigelow.
Il regista voleva mettere tutte le cose che amava quando, da teenager, andava al cinema: baciarsi sotto la pioggia, le moto e le sparatorie. Walter aveva un piccolo taccuino con un elenco di tutte queste cose e, quando una di queste veniva realizzata, con la penna la cancellava dall’elenco.
Gene Hackman e Isabelle Huppert sono due attori che lo hanno fortemente ispirato e, nel caos di Hackman è stato un vero onore lavorare con lui sul set di Mississippi Burning: è stato uno dei motivi principali che lo hanno portato a lavorare a quel film.
Dafoe ha detto la sua sulla nostra abitudine al doppiaggio: gli viene la pelle d’oca per la nostra adesione ad una tale tradizione.
Ha parlato inoltre della sua personale “filosofia” recitativa: il suo approccio appena possibile è sintetizzabile con la parola “sparire”
Sparire per me è diventato una specie di mantra. Quando dico sparire voglio dire sparire in qualcos’altro, impegnarsi in un’azione, rendermi disponibile anche senza sapere a cosa serve. Ciò per me è quanto di più simile ci sia alla vita.
Ora, a seguire, una piccola galleria fotografica dell’incontro. Tutte le foto in questo articolo sono state scattate da Cristiano Bacci.
Stamattina, invece, si terrà la lezione di cinema dell’altro grande ospite internazionale del LFFEC17: il regista Oliver Stone. E noi saremo li per raccontarvela.
Andrea Bianciardi