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House of flesh mannequins (Fantafestival 2010)

«Era ora che qualcuno, in Italia, si accorgesse di “House of flesh mannequins” (2008), opera prima del regista Domiziano Cristopharo, che nel resto del mondo si è già aggiudicato vari premi all’interno di importanti festival internazionali, ultimo l’Independent Spirit Award al A Night of Horror International Film Festival di Sydney».

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Era ora che qualcuno, in Italia, si accorgesse di House of flesh mannequins (2008), opera prima del regista Domiziano Cristopharo, che nel resto del mondo si è già aggiudicato vari premi all’interno di importanti festival internazionali, ultimo l’Independent Spirit Award al A Night of Horror International Film Festival di Sydney.

Qui da noi, a dire il vero, il film ha fatto tanto discutere, è diventato un vero caso mediatico, nonostante la difficoltà di reperimento (sanata già da qualche mese con l’uscita in dvd per Terre Sommerse), sia per i temi trattati, che per il modo esplicito con cui Cristopharo ha deciso di affrontarli. Ma, nonostante tutto questo vociare, nessun festival, parliamo di quelli blasonati, l’aveva mai cercato. La risposta pertinente a tutto il passaparola mediatico di riviste e webzine era stato un silenzio irreale, come se niente fosse successo.

La novità è che il programma della XXX edizione del Fantafestival conteneva due aperture al panorama underground italiano: la prima, Come una crisalide (Luigi Pastore, 2009), l’altra per l’appunto House of flesh mannequins.

Noi di Taxidrivers abbiamo già trattato del film, intervistando Domiziano Cristopharo sulle pagine della nostra rivista cartacea (nel numero 17), quando il regista, incurante dei problemi distributivi del suo primo film, stava affrontando la sua seconda sfida filmica: The museum of wonders (2010).

A qualche mese di distanza, The museum of wonders è già un nuovo capitolo della carriera di Cristopharo, che è riuscito a coinvolgere un cast davvero degno di nota (che comprende Venantino Venantini, Maria Grazia Cucinotta, Maria Rosaria Omaggio e Francesco Venditti, oltre agli splendidi Nancy De Lucia e Fabiano Lioi), e a ricreare dei costumi e delle scenografie sorprendenti, con un budget davvero low.

Oggi, mentre Cristopharo è già al lavoro sul suo terzo film (Bloody Sin), House of flesh mannequins arriva in sala anche in Italia. Ad avere l’onore di “riscoprirlo”, a distanza di quasi tre anni dalla produzione, è il pubblico del Fantafestival, accorso numeroso al Cinema Nuovo Aquila di Roma.

Una sola proiezione, in un’unica sala, e poi?

House of flesh mannequins è la storia di Sebastian (Domiziano Arcangeli, che insieme a Cristopharo e a Daniele Panizza, è anche coraggioso produttore del film), uomo introverso e complessato che, in tenera età, aveva subito numerosi soprusi psicologici inflittigli dal padre, e che ora vive una vita di angosciosa solitudine, puntellata da una morbosa ossessione per ‘il guardare’.

Guardare, attraverso gli occhi meccanici di videocamere e macchine fotografiche, le più oscene e aberranti deformazioni della coscienza umana: omicidi, torture, atti sessuali espliciti e altri insinuati, ma ancora più sconci.

Gli occhi ingordi di Sebastian lo spingono sino all’omicidio, al guardare qualcosa provocato proprio da lui che, finora, era sempre stato spettatore passivo di tutte le paure videoregistrate.

La sua labile coscienza vacilla, ma non basta. Sebastian subisce il colpo di grazia quando conosce Sarah (Irena A. Hoffman), sua nuova vicina di casa.

L’incontro non è casuale, e i due si fondono pericolosamente: lei rimarrà per sempre invischiata nel vortice perverso ingabbiato nella videocamera di Sebastian, mentre quest’ultimo finirà preda delle allucinazioni figliate dalle oscenità incamerate dai suoi occhi voraci.

Oscenità che lo avevano portato, nella parte centrale del film, a visitare la casa dei manichini di carne, un luogo da incubo, un po’ lunapark – freak show, un po’ bordello, dove le ossessioni del fotografo prendevano corpo in assurdi performer (interpretati da body artisti e attori hard), manichini di carne indaffarati ad affliggere i loro corpi nudi con pratiche sessuali e violenze. Manichini fattisi portavoce dei messaggi che il pubblico odierno vuole ascoltare, abituato dalla spietatezza dei media.

Nel film di Cristopharo c’è spazio per tutto: dalla critica sociale alla chiesa e ai mezzi di informazione, alla sapiente sceneggiatura, ben studiata  e senza cadute di tono. Dagli ottimi attori (oltre a quelli già citati, uno straordinario Giovanni Lombardo Radice, nei panni del padre malato di Sarah), ad una proposta molto personale di horror indipendente (e l’unicità è una delle carte più importanti per un film indie). Dall’elaborata fotografia di Mirco Sgarzi, alla lascivia del voyeur in cui il regista incatena il protagonista e lo spettatore.

Il consiglio è quello di continuare a tenere d’occhio il lavoro di Domiziano Cristopharo che, di certo potrà riservare altre belle sorprese, sperando che, nei tempi a venire, non sarà così difficile assistere, in patria, alla proiezione di uno dei nostri registi indipendenti più interessanti.

Luca Ruocco