Zero Dark Thirty, l’ultimo film della Bigelow, ricostruisce i presunti retroscena dell’uccisione di Bin Laden, evidenziando il ruolo decisivo che avrebbe svolto l’uso della tortura nel reperire le informazioni utili alla cattura del capo di Al Quaeda
Il film è basato sull’attività dei servizi segreti che ha portato all’individuazione e all’uccisione di Osama bin Laden il 2 maggio 2011 ad Abbottabad (in Pakistan), da parte dei Navy SEALs del DEVGRU, unità antiterrorismo della Marina degli Stati Uniti.
La trama si sviluppa in un arco di tempo compreso tra il 2001 e il 2011 e narra le indagini e le ricerche che portano l’agente della CIA Maya Lambert a scovare il rifugio del leader di Al-Qaida. Maya Lambert è un personaggio fittizio, solo in parte modellato sulla figura dell’agente Alfreda Frances Bikowsky. Il titolo del film, nel gergo militare, significa mezzanotte e mezzo, cioè l’ora in cui, il 1º maggio 2011, scattò l’operazione militare che portò all’uccisione di Osama bin Laden. Il film contiene inoltre alcuni accenni al saggio No Easy Day di Mark Owen. Nel film corrisponde al SEAL Patrick, uno dei Navy SEALs che hanno partecipato al raid di Abbottabad.
Recensione di Zero Dark Thirty
L’ultimo film della Bigelow ricostruisce i presunti retroscena dell’uccisione di Bin Laden, evidenziando il ruolo decisivo che avrebbe svolto l’uso della tortura nel reperire le informazioni utili alla cattura del capo di Al Quaeda. Sulla base di questo prova ad inchiodare lo spettatore di fronte al dubbio tra il rispetto dei diritti umani per terroristi criminali e la salvezza di migliaia di cittadini innocenti. Per questa sua presa di posizione, la scrittrice femminista Naomi Wolf l’ha paragonata alla regista Leni Riefenstahl che aveva esaltato la grandezza del regime nazista, realizzando suggestive opere cinematografiche di interessante valenza estetica. (Continua a leggere la recensione).
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